Con
un monologo pungente, diretto e incalzante Era
Rosso reinterpreta la mitologia greca in chiave
contemporanea. Svela la verità sul matrimonio
tra il re di tutti gli dei, Zeus ed Era, patrona del
matrimonio.
È lei la protagonista e la narratrice di una
storia tutt’altro che divina, quanto mai instabile
e soggetta alle caducità della vita terrena.
In una casa del quartiere Olimpo, Era (Cinzia Villari),
abbandona i panni della dea per vestire quelli di
una donna con le paure e frustrazioni derivanti dai
tradimenti del marito. Giocando con le parole, accostandole
per associazione mentale, logica o per assonanza,
la dea racconta la bellezza e la tenerezza che ogni
donna vive quando ama senza riserve colui che spera
sia l’uomo della vita. Descrive anche la delusione,
la solitudine che si prova nello scoprirsi invisibili,
un “girasole spennacchiato” utile solo
a procreare. Gli interludi musicali di Michele Villari
coronano la scena: il suono emesso dal clarinetto
è il completamento degli stati d’animo
e accompagna la protagonista nel percorso mentale,
diventando proseguimento delle parole. La semplicità
della scenografia, prevalentemente bicromatica con
punti azzurri e porpora, consente di focalizzare l’attenzione
sulla voce, i termini, le frasi paragonabili talvolta
ad uno scioglilingua sarcastico e sprezzante. La labile
linea che divide la felicità dalla disperazione
è brillantemente descritta servendosi della
metafora del rosso del vino. La bevanda degli dei
è presentata come una sfumatura, espressione
dei rapporti umani, intesa come relazione priva di
ogni malizia, come quella che lega Era alla sua migliore
amica Io.
Al rosso si associano vocaboli che creano pensieri
ironici, beffardi e contorti. Il vino, usato per brindare
al matrimonio tra Era e Zeus, è inizialmente
allegoria del loro amore: corposo, intenso con retrogusti
fruttati e fioriti. Si trasforma però in paura,
ira e infine in sangue. Era, funestata dal dubbio,
dà via ad un pedinamento che la porta alla
verità. In preda alla rabbia si ribella al
ruolo che la vede moglie e madre e rompe l’incanto
della vita di coppia, ironicamente descritta come
un’associazione a delinquere piuttosto che un
sentimento amoroso. In Era rosso le riflessioni sono
così vicine alla realtà da consentire
di immedesimarsi nella protagonista, annuendo alle
sue considerazioni e permettendo da una parte all’uomo
di accostarsi alla sfera femminile e dall’altra
dando voce a pensieri condivisi dalla generalità
delle donne. [valentina
di santo]