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Autore:
Thomas Bernhard |
Traduzione:
Umberto Gardini |
Regia:
Teresa
Pedroni |
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Scene:
Alessandro Chiti |
Costumi:
Roberto Posse e Natalie Von Teufstein
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Musica:
Arturo Annecchino |
Luci:
Luigi Ascione |
Compagnia:
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Produzione:
Attori & Tecnici |
Interpreti:
Roberto Herlitzka, Gianluigi Pizzetti, Julio Solinas,
Marisol Gabbrielli, Alessandra Celi, Mariella Fenoglio,
Antonio Sarasso, Simone Faucci |
Anno
di produzione:
2009 |
Genere:
dramma |
In
scena:
fino al 1 Novembre 2009 al Teatro Vittoria| Piazza S.
Maria Liberatrice 10| Roma
Info: 06 5740170 – 06 5740598 info@teatrovittoria.it
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Elisabetta
II
è una delle ultime piéce di Thomas Bernhard,
scritta nel 1987 e mai rappresentata prima in Italia.
Arriva sul palcoscenico del Teatro Vittoria grazie
al talento di un interprete come Roberto Herlitzka
che dà voce ad un incessante eloquio-monologo
dell’anziano industriale Herrenstein. La parola
è la pura essenza del testo, la logorroica
parola del verboso misantropo Herrenstein che riversa
sul silente maggiordomo Richard tutto il suo risentimento
per la sua condizione e, forse, il disagio stesso
del vivere.
L’occasione è il ricevimento organizzato
dal nipote per i suoi altolocati amici che accorrono
numerosi ad assistere alla parata della regina Elisabetta
II in visita a Vienna.
Nell’attesa
si consuma il tempo scenico dello spettacolo in cui
non vi sono accadimenti salienti - se non il macabro
finale a sorpresa -: l’attesa di un vecchio
solo, legato ad una serie a rotelle, schiavo della
professionale dedizione del maggiordomo che lo sposta
e lo nutre, e la cui unica forma di dichiarazione
di vita si palesa in una moltitudine di parole sprezzanti,
che costruiscono una barriera tra l’io del protagonista
e l’alterità del mondo circostante.
L’impianto
scenografico di Alessandro Chiti riporta alla mente
le gabbie di vetro di Francis Bacon, quelle pesanti
cortine trasparenti che mostrano con sconcertante
crudeltà la povertà morale e sentimentale
dell’essere umano ed Herrenstein, uno dei tanti
“vecchi” rappresentati da Bernhard, diviene
così l’emblema della disperazione e della
privazione del senso.
Il suo sentirsi “gettato” nel mondo e
la sua desolante infermità sono derogabili
solo grazie all’uso smodato del verbo: nelle
parole il vecchio si consuma e vive di ricordi, indecisioni
ed aneliti di viaggio tentando di scongiurare la sua
condizione di diverso ed estromesso da un mondo al
quale non appartiene e che non può o non vuole
comprendere. Così Herrenstein attende ed assiste
alla vita inerme, osservando e disprezzando ciò
che gli è negato.
Roberto
Herlitzka, virtuoso della parola, interpreta straordinariamente
questo fastidioso anziano dalla raffinata cultura
con sublime maestria: le sue parole aleggiano in platea
in un eloquio che richiama il flusso del pensiero
di Joyce. Declina ogni più sottile sfumatura
del pensiero umano: ironia, sdegno e superbia, lasciando
trapelare, di tanto in tanto, l’amarezza della
solitudine.
Attorno a lui una selva di umanità rumorosamente
muta, quegli ospiti chiassosi e frivoli ridotti al
rango di comparse. Tra questi protagonisti svuotati
del testo il solo ad emergere è il maggiordomo
Richard: compagno subalterno per venticinque anni,
unico tramite con il mondo esterno col quale si instaura
un mutuo rapporto di vittima-secondino. Elisabetta
II è considerato un testo complicato
e carico di sarcastica ironia. La regia di Teresa
Pedroni non poteva che obbedire a questo precetto
rendendosi volutamente scarna ed affidando la sua
presenza al movimento della sedia rotelle che ritma
lo svolgersi dello spettacolo. [paola
di felice]
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