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Autore |
Nicolai
Lilin,
Giuseppe Miale di Mauro |
Regia |
Giuseppe
Miale di Mauro |
Scene |
Carmine
Guarino |
Costumi |
Giovanna
Napolitano |
Luci |
Luigi
Biondi |
Coreografie |
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Musica |
Francesco
Forni |
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“Educazione
Siberiana” è un romanzo
di formazione scritto da Nicolai Lilin (edito da Einaudi),
venduto in 24 paesi e tradotto in 19 lingue. Si narra
l'educazione degli Urka siberiani, ultimi discendenti
di una stirpe guerriera: uomini che si definiscono «criminali
onesti», gente animata da un’etica forte
e antica, capace di brutalità ma anche di esprimere
un codice etico che paradossalmente si dichiara incorrotto,
nonostante sia l’espressione di una comunità
criminale. Quando Lilin nasce in Transnistria, regione
dell’ex Unione Sovietica oggi Moldova, la criminalità
dilagante è l’unica certezza per un bambino
come lui, cresciuto nel culto delle armi, esposte in
ogni casa ai piedi delle icone religiose, come fossero
anch’esse ammantate di sacralità. Ed è
proprio un piccolo altare d’immagini sacre ed
armi profane ad aprire la versione teatrale del libro,
dopo la riuscita trasposizione cinematografica di Gabriele
Salvatores con John Malkovich. L'altare chiude un ambiente
umile e fatiscente, che trasuda povertà ed al
contempo dignità, in cui il nonno Kuzja insegna
la vita ed il codice d'onore dei “siberiani”
ai nipoti.
Ma
è il conflitto tra Boris, il giusto e Yuri,
il ribelle, il perno centrale dell'azione, l'epicentro
da cui partono le forze centrifughe che porteranno
alla frantumazione del nucleo familiare. E non solo.
Un conflitto incentrato sul devastante impatto della
società ex-sovietica (siamo in pieno “glasnost
gorbacioviana) con il moderno consumismo occidentale.
Uno macro scontro, esemplificato in uno scontro familiare.
Non
era facile trasferire in un ambiente chiuso come quello
teatrale, un romanzo pieno di azione, ambienti e personaggi
quale “Educazione
Siberiana”. Ma grazie alla profondità
di scena ottenuta con quinte che si aprono alle spalle
degli attori, gli ambienti si moltiplicano, la scena
si anima e le storie corrono parallele l'una accanto
e con l'altra, fino ad esplodere più dal punto
di vista drammaturgico che non emozionale. E qui risiede
il dilemma: lo spettacolo non emoziona, rimane freddo
e distaccato. Tanto meno aiuta la recitazione dell'intera
compagnia: sopra le righe, urlata, nervosa e schizofrenica.
Eppure gli anziani nel romanzo (come nel film) erano
calmi, pacati, riflessivi; un atteggiamento che dava
loro spessore, reverenza e stima da parte della comunità
tutta. A teatro questa atmosfera si perde, preferendo
una recitazione “pulp” che anestetizza
qualsiasi pathos a fronte di un lungo, interminabile,
assordante rumore. Neanche troppo di fondo.
[fabio
melandri]
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Interpreti |
Luigi
Diberti, Elsa Bossi, Ivan Castiglione, Francesco
Di Leva,
Giuseppe Guadino, Stefano Meglio, Adriano Pantaleo,
Andrea Vellotti |
Produzione |
Fondazione
Teatro Stabile di Torino, Teatro Metastasio
Stabile della Toscana/Emilia Romagna |
In
scena |
fino
al 16 febbraio Piccolo Eliseo | Roma; 18-23
febbraio Teatro delle Passioni | Roma; 25 febbraio
- 2 marzo Elfo Puccini | Milano; 4-9 marzo Teatro
Bellini | Napoli; 11-12 marzo Teatro Testoni
| Casalecchio di Reno; 14-15 marzo Teatro Concordia
| Venaria; 17-18 marzo Teatro Municipale | Casale
Monferrato
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Anno |
2013 |
Genere |
drammatico |
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