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Anno
2013
Genere
recital
In
scena
fino al 7 aprile
Teatro Eliseo | Roma
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Autore |
Alessandro
Prete,
Elettra Dafne Infante |
Regia |
Alessandro
Prete |
Scene |
Marco
Calzavara |
Coreografie |
Alessandra Bianchini |
Costumi |
Gisa
Rinaldi |
Luci |
Stefano
Valentini |
Interpreti |
Pino
Insegno,
Alessia Navarro,
Andrea Murchio, Alessia Cotigni,
Luciana Fuzetti, Michelle Vitrano, Carlotta Ballanti,
Carlo Pucci, Ivan Piccioli, Paolo Ladisa |
Produzione |
Isola
Trovata |
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Amore,
ossessione, orrore, tormento. Questo rappresenta nell'immaginario
collettivo la figura di Edgar Allan Poe, poeta, saggista e romanziere
americano, universalmente considerato il padre del gotico americano.
La sua figura, la sua opera e le sue ossessioni sono oggi protagoniste
di “Edgar Allan Poe”
uno spettacolo inusuale e coraggioso, un affresco gothic-rock
multimediale, in cui tre attori, sei danzatori ed un acrobata,
per settanta minuti approntano un viaggio fatto di musica, immagini
e parole.
Orrore e passione, incubo e romanticismo
sono i poli al cui interno il regista Alessandro Prete guida
i protagonisti: l'opera del romanziere è la fonte per
la sceneggiatura, costruita come un patchwork da Elettra Dafne
Infante che ha pescato tra poesie, romanzi e racconti. Sul
palcoscenico il testo prende vita con Pino Insegno (che dopo
30 anni di televisione e doppiaggio torna al teatro con un
progetto cullato, coltivato e curato da una vita), nei panni
di Poe, con Alessia Navarro in quelli dell'amata Eleonora
e con Andrea Murchio nel fedele servitore/confessore/consigliere.
Il testo è accompagnato e coreografato da danzatori
e acrobati che ballano al ritmo di un rock duro e puro (gli
Evanescence su tutti).
Eppure, nonostante le
evidenti buone intenzioni, lo spettacolo non funziona. I tre
elementi (recitato, danza e proiezioni multimediali a costruire
le scenografie) non riescono mai a miscelarsi in maniera fluida
e funzionale e appaiono come tre corpi estranei che tentano
di interagire l'uno con l'altro, venendo però continuamente
respinti come l'acqua con l'olio. La recitazione è
accademica, urlata, monotona, estraniante e non riesce a far
apprezzare la poesia del testo; la colonna sonora è
costruita con successioni di brani senza comporre alcun climax
emotivo; i danzatori si arrabattano in coreografie senza troppe
pretese (anche se rimane la parte migliore dello spettacolo)
mentre i filmati multimediali che dovrebbero “rendere
manifesta” l'interiorità tormentata dei protagonisti,
sembrano estratti di una brutta serie televisiva. Forse c’è
bisogno di maggior rodaggio, anche se dalle parole di Insegno
a fine spettacolo si evince una lunga tournèe alle
spalle e future date persino a casa del romanziere americano
a Baltimora. Peccato.
[fabio melandri]
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