Torna
a Roma al teatro Valle lo spettacolo scritto e diretto
da Cristina Comencini Due
partite. “Rispetto a un anno fa
il testo non è cambiato, ma abbiamo lavorato
per precisare ulteriormente l’alternanza dei momenti
comici a quelli di emozione. La sfida è proprio
il cambio di registro: si passa in un attimo dalla risata
alla commozione. Le donne sono fatte così, disperate
e pronte alla risata”.
Al centro della scena un tavolo da gioco, quattro sedie
e un divano. Le protagoniste della vicenda entrano con
le luci accese in sala e rapiscono l’attenzione
della platea. Ambientazione anni Sessanta. Quattro amiche
(Margherita Buy, Isabella Ferrari, Marina Massironi,
Valeria Milillo), una di loro incinta, si riuniscono
ogni giovedì. Mentre giocano a carte, nella stanza
a fianco le figlie si fingono adulte. Unica professione
concessa, quella materna. Tra una presa e l’altra,
mettono a nudo la vita: amori, mariti, amanti, figli,
maternità e frustrazioni. L’ironia di Margherita
Buy fa da contraltare alla purezza di Isabella Ferrari.
La Massironi è una finta ingenua e Valeria Milillo
descrive l’amarezza di essere l’amante e
di non sentirsi amata.
Il tempo teatrale viene scandito dalle doglie della
partoriente.
Il secondo atto della partita prevede in scena le figlie:
il sipario si apre sullo stesso salotto, ma da tempo
coperto da lenzuoli che evitano l’accumularsi
della polvere. Le madri di un tempo sono le figlie in
carriera di oggi. È il funerale di una delle
madri a creare l’espediente per l’incontro
tra le figlie – interpretate dalle stesse attrici.
Siamo alla resa dei conti: il femminismo ha migliorato
la vita per le donne? L’emancipazione, il lavoro,
l’indipendenza economica hanno portato qualche
giovamento? “L’idea – dichiara la
regista – era di fare il punto sulla femminilità”.
La recitazione è più che gradevole in
tutte le protagoniste, ognuna messa in risalto con vari
monologhi. Piacevole scoperta la Ferrari fuori dal cliquet
della femme fatale e Margherita Buy meno sconfitta del
solito. [valentina venturi] |
|