“Il
dolore” di una donna, l'attesa di una
moglie, la paura, le ansie i dubbi e il terrore di
un essere umano che aspetta inerme. Ma cosa? Che la
guerra finisca e che il suo amato Robert, deportato
a Dachau e che solo attraverso il sorriso potrà
in seguito riconoscere, possa tornare a casa. La presenza-assenza
di questo individuo, per tutta la durata dello spettacolo
in scena al teatro Valle, amplifica e infervora la
magistrale Mariangela Melato nei panni di una Penelope
moderna.
“Il
dolore” è un adattamento teatrale dall'omonimo
romanzo scritto da Marguerite Duras il cui tempo è
scandito con la lettura dei giorni che passano. Siamo
a Parigi e una donna, sola in casa, attende una chiamata,
implora un'informazione utile per sapere se il marito
è ancora vivo. La scena è essenziale,
eppure ricca. Un albero spezzato come la vita stessa;
una scrivania luogo della ragione e del diario; qualche
valigia simbolo del viaggio verso l'ignoto; fogli
di carta dove viene fissato il dolore quotidiano;
un telefono ambasciatore di attesa; la Melato.
La
vera protagonista di questa vicenda ambientata durante
la fine della Seconda guerra mondiale è la
voce di Mariangela Melato, assoluta regia della scena
più della fisicità stessa. Sempre più
di rado capita di godere di una pièce teatrale
anche senza guardare il palcoscenico. Ebbene, senza
nulla togliere al lavoro registico di Luconi, e quasi
sovvertendo le regole della quarta parete, è
la passione e insieme il dominio vocale della Melato
che riempiono il palcoscenico. Un'ora e mezza per
un monologo teso e vibrante, che si spegne in un istante
come lo spettacolo stesso, lasciando lo spettatore
inerme e travolto dalle emozioni.
[valentina venturi]