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Autore:
Friedrich Dürrenmatt |
Traduzione:
Italo Alighiero Chiusano |
Regia:
Armando
Pugliese
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Scene:
Andrea Taddei |
Costumi:
Silvia Polidori |
Musica:
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Luci:
Angelo Ugazzi |
Produzione:
Indie Occidentali, Neraonda |
Interpreti:
Gian Marco Tognazzi, Bruno Armando, Giovanni Argante,
Lombardo Fornara, Franz Cantalupo, Lidya Giordan |
Anno
di produzione:
2009 |
Genere:
drammatico |
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In
Die Panne Alfredo Traps
è una moderna Alice nel paese delle meraviglie.
In questo caso però non è la curiosità
a indurlo a seguire il Bianconiglio, bensì
un banale contrattempo: l’automobile in panne.
Cercando aiuto, trova ospitalità nella casa
di un vecchio giudice che è in compagnia di
due amici, un pubblico ministero e un avvocato in
pensione. I due gli spiegano, con l’intento
di coinvolgerlo, il loro unico passatempo: celebrare
di nuovo alcuni importanti processi storici come quello
a Socrate, a Gesù e a Federico di Prussia.
Catapultato in una realtà che ha del fantastico,
si celebra un processo surreale tanto quanto il buon-non-compleanno
della favola di Lewis Carroll. Tra una bottiglia di
vino e l’altra, Traps si ritrova imputato in
un’atmosfera sempre più inquietante.
Die Panne è considerato
uno dei lavori più eloquenti del pensiero e
della poetica di Friedrich Dürrenmatt. L’adattamento
teatrale di Edoardo Erba, diretto da Armando Pugliese,
risulta però poco convincente. L’originalità
della penna dello scrittore di origini svizzere si
perde nella lentezza della messinscena. Tra gli attori
nessuno spicca per incisività o brillantezza.
La storia procede piatta e scialba, anche nei momenti
che avrebbero potuto strappare risate o almeno divertire
(uno per tutti il rituale del vino). Il sotto-testo
dell’opera è a tutti gli effetti molto
più ricco e articolato, di quanto non sia la
trama stessa. Lì dove l’autore descrive
con leggerezza e comicità, sul palco tutto
appare pesante e interminabile. Anche l’angosciante
tragicità dei personaggi e la difficoltà,
comune a ogni uomo, di incontrarsi e scontrarsi con
la propria coscienza, sono rese con meccanicità
e scarsa intenzione.
Alfredo Traps è interpretato da un Gian Marco
Tognazzi, in evidente difficoltà ad emergere
all’interno di una compagnia nella quale tutti
si equivalgono e nessuno riesce a conferire una nota
positiva e personale allo spettacolo. Tempi troppo
lunghi, dialoghi lenti, pezzi comici inutilmente ripetitivi
non rendono giustizia al testo e ai suoi significati
sottesi “altri”, che nelle quasi due ore
di spettacolo perdono l'iniziale e geniale verve.
[patrizia vitrugno]
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