La
piccola Dauniaorchestra, finalista nel 2012 del premio
Tenco, e le letture drammatizzate di Sergio Rubini
danno vita allo spettacolo musicale “Di
fame, di denaro, di passioni”.
Si racconta la storia di Matteo Salvatore, cantastorie
e cantautore di Apricena, celebre nei primi anni ’50,
un’anima traboccante che si rivela attraverso
la voce dell’attore pugliese. Incentrato sulle
vocalità della giovane Marta Colombo, lo spettacolo
regala vicende e costumi poco noti di un artista venuto
dal nulla e che è riuscito a vincere la povertà,
la fame e la miseria.
La scena spoglia e buia
si apre sul leggio dove Rubini, statico, concentrato
ritraccia aiutato dalle inflessioni dialettali, le
battute più colorite, le emozioni di Matteo
Salvatore di fronte alla guerra, alla povertà,
al successo. Un misto di risa e amarezza che spinge
il pubblico a canticchiare da subito le canzoni popolari.
Uno spettacolo orecchiabile, a volte ironico, curioso
che vede Rubini disinvolto nella sua lingua madre
e insieme goffo nell'interpretare un personaggio poco
conosciuto al pubblico più giovane e a ricrearlo
con una naturalezza quasi familiare.
L’atmosfera
è calda, si anima al suono del cajòn
e delle maracas, si accende alle tonalità blues
del pianoforte (Umberto Sangiovanni) e alla dinamica
del racconto. Forse si poteva evitare l’eccessiva
aderenza al leggio: sebbene Rubini sia un bravo attore
qui, dove la drammaturgia semplice non prevede alcuna
disarmonia né particolari interferenze, è
venuta a mancare la scioltezza tipica di chi il testo
lo riveste completamente, libero di non rifuggire
sovente lo sguardo al foglio.
[sarena giorgi]