In
scena sino al 15 Febbraio 2009 presso il Teatro Brancaccio
di Roma, Da Giovidì a Giovidì
è il titolo dello spettacolo in cui Marco Marzocca
interpreta i personaggi che l'hanno reso celebre al
grande pubblico. Le caratterizzazioni sono racchiuse
in una commedia dai molti, piccoli equivoci; un elementare
pretesto per interpretare Il Notaio (in coppia con Guzzanti)
ed Ariel (già visto in “Zelig”).
Lo stesso titolo dello spettacolo richiama il tormentone
del famoso domestico filippino: “Giovidì
signo', ci vediamo giovidì”.
A fianco di Marzocca ci sono Max Paiella e Stefano Sarcinelli,
già visti l'uno in “Tintoria” e “Zelig
Off”, l'altro nel duplice ruolo di autore e conduttore
per “Convenscion” e “Convenscion a
colori”. Entrambi aggiungono colore alla rappresentazione,
creando brevi pause tra una performance e l'altra. Se
lo stile di Paiella può incentrarsi sull'esuberanza
fisica ed interpretativa, con balli e canzoni atte a
parodiare molti personaggi del panorama musicale italiano,
lo stile di Sarcinelli è più legato, di
supporto, in funzione anche al ruolo di collante tra
le varie ambientazioni che ospitano gli sketches.
L'eccellenza tecnica ed artistica dei comici è
fuori discussione; l'unico dubbio riguarda la scelta
di legare forzatamente le varie scene in un unico contesto.
I personaggi di Marzocca appartengono ad universi così
distanti tra loro, che vederli a confronto evidenzia
il suo essere una scelta obbligata. Eppure la questione
è trascurabile, vista la scarsa influenza sull’aspettativa
del pubblico. Ovvero: ciò che buona parte degli
spettatori desiderano è assistere ad uno spettacolo
di cabaret, e i presenti in sala escono pienamente soddisfatti.
In Da Giovidì a Giovidì
la comicità di Marzocca è sempre
limpida e spensierata. Dona risate che nascono dai tempi
comici, dall'assurdità delle situazioni, da parodie
o giochi di parole, senza aggiungere mai quel retrogusto
amaro, tipico di altri comici che richiedono allo spettatore
un coinvolgimento etico e morale.
Spettacolo gradevole ed assolutamente ben congegnato.
[simone salis]