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Anno
2011
Genere
monologo
In
scena
in tour
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Autore |
liberamente
ispirato a “Nathan il Saggio” di Gotthold
Ephraim Lessing
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Adattamento/Traduzione |
Gabriele
Vacis |
Regia |
Gabriele
Vacis |
Scene |
Roberto
Tarasco
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Interpreti |
Valerio
Binasco |
Produzione |
Teatro
Regionale Alessandrino,
Teatro Comunale di Alessandria
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La
prima volta di Valerio Binasco in un monologo fa pensare, perché
non ti aspetti che non lo abbia mai fatto. E fa pensare perché,
dopo averlo ascoltato per un’ora e mezzo, vorresti continuare
ancora.
La storia raccontata è quella di “Nathan il saggio”,
liberamente ispirata al testo di Gotthold Ephraim Lessing, sul
quale ha magistralmente lavorato il regista Gabriele Vacis,
uno che di narrazione se ne intende. Partendo da un testo pubblicato
nel 1779, Vacis mette in risalto gli elementi di attualità
che in questo libro, ambientato a Gerusalemme durante la terza
crociata, sono molteplici: il fanatismo religioso, l’intolleranza,
la guerra. La vicenda ha come protagonista l'ebreo Nathan e
la figlia adottiva, nata cristiana ma allevata come ebrea, della
quale s’innamora un giovane templare. Nel dramma si incrociano
le tre religioni monoteiste: cristianesimo, ebraismo e islamismo,
che Binasco racconta interpretando i vari personaggi che popolano
la storia. Ognuno di essi ha un volto, lo si vede senza difficoltà
o sovrapposizioni.
Prima di entrare completamente nel poema di Lessing, però,
Vacis e Binasco conducono la platea attraverso un passaggio
obbligato che va da Zvi Kolitz, da Qohélet e dall’antico
testamento, ovvero dalle voci di quegli uomini che nel corso
del tempo hanno trovato le parole per rivolgere domande a Dio.
Ci avvicinano a Nathan attraverso la voce dell’alunno
balbuziente Bottazzi, compagno di scuola del protagonista, che
si insinua a tratti nel racconto con le sue domande. A lui è
affidato l’amaro finale.
Al Centro dello spettacolo la storia dei tre anelli: il Saldino
chiede a Nathan di dirgli quale delle religioni monoteiste sia
la migliore; questi risponde raccontando la parabola del padre
che lascia in eredità ai figli tre anelli perfettamente
identici, tanto da non riuscire a distinguere l’originale.
La scenofonia – termine coniato dallo stesso Roberto Tarasco
– è molto semplice: a farla da padrone un grande
telo bianco che Binasco muove trasformandosi nel mantello del
templare, nel mare solcato dalle navi dei crociati o nella vela
del mercato. Poi una sedia e un grande tondo dorato, col quale
sono creati suggestivi giochi di luce riflessa.
La storia si snoda con semplicità, Binasco padroneggia
il testo come se fosse suo. È parte della storia. È
lui stesso la storia.
[patrizia vitrugno] |