La
giuria dei Mistery of Writers of America ha assegnato
a Rupert Holmes l’Oscar del crimine per la commedia
thriller “Complici”. Questa la motivazione:
“ Il testo ha reinventato le regole del genere,
mescolando Agatha Christie, Bertold Brecht, alto intrattenimento
e Luigi Pirandello”.
Già questo basterebbe per far capire l’impatto
emotivo e anche cerebrale che lo spettacolo provoca
nello spettatore. Come si fa a incastrare il giallo
di Agatha con l’estraniamento di Brecht, mentre
s’inseriscono alcune battute intelligenti, per
poi chiudere con le maschere di Pirandello? Così
a tavolino, sembra impossibile. L’abitudine
vuole che si vada a teatro nella speranza di rimanere
sorpresi almeno dal gioco di luci o dalla performance
degli attori, magari dal testo o dalla messa in scena.
Sicuramente non si prevede di rimanere travolti da
una “girandola di battute”, da un “intricato
gioco di colpi di scena”, da un “susseguirsi
di giri di vite”. Le virgolette non sono un
caso, sono volute. Queste frasi suonano sempre come
sterili giochi di parole che dicono poco. È
vero, ma è proprio questo il gioco dello spettacolo:
si può dire poco della trama perché,
come recita la locandina “saremmo costretti
ad ammazzarti”.
Niente paura, non si rischia la vita ad andare a vedere
“Complici”, ma si rischia di rovinare
la sorpresa a parlarne. Una volta che si entra in
sala si diventa, a tutti gli effetti, “complici”
di un gioco teatrale che macina i minuti come un orologio
svizzero: tutto scivola a perfezione e anche i salti
sulla sedia sono del tutto imprevisti e imprevedibili.
Il testo non ha lacune e gli attori (Ennio Coltorti,
Cinzia Mascoli, Gianluca Ramazzotti e Adriana Ortolani)
sono bilanciati e perfetti. Ti portano nel loro mondo,
ogni volta diverso, e ci credi. Ti affidi alle loro
parole, parteggi ora per uno ora per l’altro
e quando, come nel migliore dei gialli che si rispetti,
hai trovato il colpevole… Ecco che tutto cambia
e si ricomincia da capo. Si tolgono la maschera e
si ricomincia. E lo spettatore sempre più spaesato,
ma divertito, prende fiato, sorride e dopo un “ma
dai!”, sussurra: “Ok, ti seguo. Ora dove
mi porti?”.
Ecco perché “girandola”, ecco perché
“intricato gioco”, ecco perché
un “susseguirsi di giri di vite”. Rivelare
un particolare, rischia di rovinare tutto. Unica eccezione
al ‘silenzio stampa’ è la speranza
che arrivi alla platea il piacere di vedere la performance
di Paolo Tardini, il sostituto di Ennio Coltorti.
Sono certa che Ennio, per questa frase, non se la
prenderà: Paolo non delude.
Buon fiato sospeso a tutti. Si consiglia di rileggere
l’articolo dopo essere stati a teatro. Tutto
sarà più chiaro. [marzia
turcato]