L’autore
del testo teatrale “I
coltelli nella schiena, le ali nel muso”
Pierre Notte, è stato nominato migliore autore
del premio Molière. Non è un caso. Quello
che distingue un buon testo teatrale è la capacità
di realizzare una sintesi della vita, di estrarre
pochi concetti che resistano all’usura del tempo
e delle mode. Questa commedia, a volte grottesca a
volte tragica, usa il paradosso per dire al pubblico
che le persone, oggi, sono incapaci di comunicare,
parlano per frasi fatte che ripetono ossessivamente,
non si ascoltano e soprattutto hanno paura di vivere.
Marie la protagonista della storia, è una ragazza
di diciassette anni che non vuole farsi toccare, né
fisicamente né metaforicamente dalla vita:
evita ogni rapporto con le persone, parla con il suo
alter ego Clemence, sogna di fare la cassiera ad un
casello autostradale. Ama le nuvole, non vuole diventare
qualcuno. Si taglia la pelle delle braccia, unico
segno del desiderio di sentirsi viva. I genitori vorrebbero
aiutarla ma sono imprigionati nei loro conformismi,
nei loro egoismi. La vita comunque bussa alla porta
di Marie, prima sotto forma di una tutor scolastica
che vuole farla diventare qualcuno, poi attraverso
una maitresse che dovrebbe insegnarle a diventare
una donna. Infine arriva l’amore, così
difficile da afferrare, da guardare negli occhi, a
cui provare a fidarsi e a lasciarsi andare. Ma forse
non ci sono alternative.
La regia è piena di energia e di ritmo, fa
muovere gli attori come delle marionette che usano
il loro corpo fino al contorsionismo, con estrema
ironia e in armonia tra di loro. Le scene sono semplici,
ma efficaci. Gli attori sono tutti bravi e si farebbe
un torto nominando uno di loro; si può fare
un’eccezione per Monica Samassa che interpreta
la madre di Marie, istrionica, energetica, sempre
diversa.
Commedia raffinata, intensa, per un pubblico che ama
l’ironia e il paradosso al limite dell’assurdo.
[deborah ferrucci]