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Anno
2011
Genere
epico
In
scena
in turnè
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Autore |
Tom
Stoppard |
Adattamento/Traduzione |
Marco
Perisse,
Marco Tullio Giordana |
Regia |
Marco
Tullio Giordana |
Scene |
Gianni
Carluccio |
Costumi |
Francesca
Sartori, Elisabetta Antico |
Luci |
Gianni
Carluccio |
Musica |
Andrea Farri |
Interpreti |
Andreapietro
Anselmi, Ludovica Apollonj Ghetti, Francesco Biscione,
Giuseppe Bisogno, Roberta Caronia, Paola D'Arienzo,
Luigi Diberti, Denis Fasolo, Selene Gandini, Corrado
Invernizzi, Erika La Ragione, Luca Lazzareschi, Sara
Lazzaro, Tatiana Lepore, Alessandro Machia, Bob Marchese,
Giorgio Marchesi, Valentina Marziali, Marit Nissen,
Davide Paganini, Fabrizio Parenti, Irene Petris, Odette
Piscitelli, Marcello Prayer, Edoardo Ribatto, Gabriella
Riva, Nicolò Todeschini, Sandra Toffolatti, Giovanni
Visentin |
Produzione |
Fondazione
del Teatro Stabile di Torino, Teatro di Roma, Zachar
Produzioni |
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SALVATAGGIO,
PARTE III
Terza e ultima parte della
trilogia di Stoppard intitolata "The Coast of Utopia",
“Salvataggio” è ambientato negli anni che
vanno dal 1853 al 1868. Mentre l'impero russo si avviando
alla dissoluzione a causa dei servi della gleba - dissoluzione
che porterà alla rivoluzione russa del 1917 -, alcuni
intellettuali rivoluzionari protetti dall'esilio in Inghilterra
riflettono sugli errori del passato e sui sogni di libertà,
ricordano la Russia della loro gioventù ricca di ricordi
dolci e malinconici. La casa di Alexander Herzen diventa il
punto d'incontro di molti dissidenti che cercano rifugio a
Londra. Molti personaggi la frequentano, compresa la bella
e affascinante Natalie, amica della defunta moglie, con la
quale l'uomo intreccerà una relazione clandestina.
Arriva il momento in cui Herzen decide di finanziare un giornale
in russo e in polacco per diffondere del materiale rivoluzionario
censurato in Russia, i numeri vengono stampati e distribuiti,
ma senza riscuotere lo sperato successo.
Lo spettacolo, complesso
e ricco di personaggi, perde di ritmo in alcuni momenti rischiando
di essere prosastico; in altri brilla per vivacità
e dinamismo. Bellissime le scenografie e alcuni tableu creati
da Tullio Giordana, come il bacio tra Alexander e Natalie
sotto la pioggia alla fine del primo atto. Valida la numerosa
schiera di attori che si avvicendano sulla scena.
[annalisa picconi]
NAUFRAGIO
(Shipwreck), PARTE II - 1846 – 1852
Herzen che, riuscendo a lasciare la Russia per una malattia
del figlio, va a Parigi, cuore della febbre rivoluzionaria
che sta attraversa l’Europa. Con Karl Marx, Michael
Bakunin ed altri, partecipa all’entusiasmo per questa
rivoluzione che riconosce la Francia come repubblica. L’entusiasmo
si tramuta in disperazione quando le basi non sono i valori
come la libertà, l’uguaglianza e la fraternità.
A Parigi, quando ancora si sentivano gli echi degli slogan
rivoluzionari irrompe la violenza. Lo spargimento di sangue
e l’anarchia che ne segue, disgustano Herzen. Anche
la vita privata subisce duri colpi: la relazione con la moglie
Natalie, donna intelligente e sensibile, crolla. Quando George
Herwegh, un poeta radicale e sua moglie Emma, arrivano in
casa Herzen, lui gioca con gli ideali di Natalie e lei si
innamora di lui. Mentre Herzen continua a battersi per diventare
il portavoce per la ricerca di un’Utopia, i suoi amici
e la sua famiglia vengono continuamente colpiti da tragedie
personali, vere catastrofi: oltre al tradimento arriva la
morte. Lontani dalla patria tutto si intensifica, crollano
le aspettative e come naufraghi non sanno più dove
andare, ma cercano solo di rimanere a galla. Herzen, non più
ben voluto in Russia, e deciso a lasciare Parigi, decide di
andare a Londra.
Per il secondo atto dell’epopea russa - ma nel contempo
universale -, Marco Tullio Giordana procede per connessioni
scenografiche (di Gianni Carluccio). Dalla campagna russa,
al Londra, alla Francia: il collante tra i vari passaggi storico/filosofici
sono le scene scarne, i pannelli mobili che si trasformano
in pareti e il velatino che diviene schermo. L’essenziale
utilizzo degli oggetti in scena, amplifica la potenza del
numero di attori che vi recitano. Se nella prima parte a dominare
era Michail Bakunin (Denis Fasolo), ora il perno tra i vari
intellettuali è Aleksandr Herzen (Luca Lazzareschi,
pregno della sua interpretazione e della valenza culturale
che hanno le sue parole). Intorno a lui e alla sua famiglia
ruotano le vite dell’intellighenzia russa. Pensieri,
passionalità e dolore. Coralità attoriale e
intensità contenutistica procedono di pari passo. Forse,
proprio come il piccolo Kolya, il figlio sordo-muto di Herzen,
lo spettatore rimane attonito e sovrastato da tanta mole di
parole, al punto da non capirla. Materia forse anacronistica.
Ma è anche qui che risiede il bello del teatro: anacronismo
che offre spunti riflessivi. E qui non mancano.
[valentina venturi]
VIAGGIO,
PARTE I
Siamo
in Russia, a cavallo tra il 1800 e 1900. In “Viaggio”
tutto prende corpo in estate, nella villa in campagna della
ricca famiglia Bakunin, proprio durante la celebrazione del
fidanzamento di una delle quattro figlie di Alexander Bakunin,
Liubov.
L’arrivo improvviso del fratello Michael porta caos
e gioia. Il ragazzo è un romantico, adorato dalle sorelle
che vivono influenzate dal suo carisma. Lui le istruisce,
parla di filosofia, di idealismo e interferisce nelle loro
vite. Si crede al di sopra di ogni passione, come l’amore
fisco per una donna e le relazioni famigliari. Le sorelle
invece sono attratte da desideri reali, leggono le novelle
di George Sand, s’innamorano, sposano persone che non
amano, fanno figli, soffrono per non riuscire ad amare come
desiderano.
Ai Bakunin si accompagnano e si aggiungono scena dopo scena
gli idealistici compatrioti amici di Michael tra cui: Vissarion
Belinsky (critico letterario), Nicholas Ogarev, Nicholas Stankevich,
Ivan Turgenev e il visionario Alexander Herzen. Fine parte
prima.
Marco Tullio Giordana, con un impegno e uno sforzo ben sono
noti, dirige un cast numeroso (in questa prima parte ci sono
28 attori in scena), cercando di sfruttare ogni angolo disponibile
del palcoscenico. Un impegno anche attoriale, ripagato dalla
sensazione di essere nel 2012 dentro un evento teatrale ormai
unico, di quelli che probabilmente si vivevano nell’Ottocento,.
Eppure il primo atto è frammentario – forse per
le troppe circostanze da collegare -, mentre il secondo è
come se spingesse sull’acceleratore, riassumendo in
modo affrettato la vicenda di Michael Bakunin e della sua
famiglia.
Scene e costumi sono un perfetto corollario dell’insieme,
dove la ricerca storica e dei materiali è ben evidente.
Forse all’entusiasmo generale – giustificato e
condivisibile - manca quel pizzico di pazzia che un’operazione
del genere richiederebbe. Per ora appare più teorica
che pratica. Ma siamo solo all’inizio del viaggio nell’utopia.
[valentina venturi]
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