Specialista nella scomposizione e ricomposizione delle
dinamiche familiari borghesi, capace di capovolgere
perfino i punti di vista più tradizionalisti
offrendo loro un respiro più ampio, André
Roussin e' l'autore di una sottile commedia degli
equivoci che Carlo Alighiero trasferisce all'ombra
del Vesuvio.
Un
sottosegretario cattolico, del quale Alighiero veste
i panni, fa approvare dal parlamento una legge che
restringe il diritto all'aborto proprio nel momento
in cui il suo tranquillo menage familiare e' messo
a dura prova da una serie di gravidanze non contemplate,
prima fra tutte quella della moglie quarantenne, interpretata
da una brava Rita Forte. Il timore del giudizio altrui
getta nel caos i principi morali dell'onorevole che,
per buona parte della rappresentazione, accarezza
l'idea di costringere la consorte ad interrompere
la gravidanza. Intanto uno stormo di cicogne impazzite
sembra posarsi sulla casa del politico, finendo per
non risparmiare i due figli e la domestica. La signora,
dal canto suo, vive la famiglia all'insegna de "i
figli so' piezz'e core": non ha intenzione di
seguire il suggerimento interessato del marito, al
quale soltanto un colpo di scena finale riesce a far
cambiare idea.
Rita
Forte, nei panni della donna che ha rinunciato alla
carriera artistica per la famiglia, e' la vera protagonista
della piece che, all'insegna di una forma vocale ritrovata,
si confronta con i classici della canzone partenopea
da "Marechiare" a "La danza" di
Rossini. Se da una parte l'idea di adattare Roussin
a Napoli segue una coerenza che non viene mai meno,
dall'altra rischia di trasferire le ipocrisie insite
in una meccanica familiare apertamente tradizionalista,
centro nevralgico del teatro di Roussin, in una sorta
di acquerello. I vari riferimenti alla realtà
politica italiana, più che una critica, sembrano
rappresentare una strizzatina d'occhio al potere costituito
che, sorridente e sornione, aleggia per tutta la durata
dello spettacolo.
[valerio
refat]