L’elogio
del coraggio degli umili è l’obiettivo ambizioso
del recital ideato da Massimo Ranieri e Gualtiero Peirce. Il
cantante napoletano ripercorre i più grandi successi
della canzone classica napoletana, italiana e internazionale
coadiuvato da un’orchestra in stato di grazia.
Superato
l’entusiasmo dell’incontro con un interprete storico
della canzone italiana, però, un dubbio assale lo spettatore:
l’incoerenza tra un titolo così impegnativo e
la scelta di cantare canzoni classiche. È audace la
scelta di Ranieri di interpretare melodie che non appartengono
al suo repertorio, forse nemmeno così aderenti alle
sue capacità vocali, come “Rosalina” di
Fabio o “Vedrai che cambierà” di Luigi
Tenco. Addentrarsi in un terreno “straniero” è
scomodo, anche per un professionista come lui. Tra una canzone
e l’altra introduce temi importanti quali la ribellione
degli ultimi, cantando “I so’ pazzo” di
Pino Daniele, la dignità nella professione e nella
vita. Poi però li abbandona, li lascia sospesi, con
un sospiro e con uno sguardo malinconico al passato; non lascia
un’eredità agli umili di oggi, “nun tene
coraggio” di guardare oltre. Bella l’immagine
del saponaro, professione di una Napoli d’altri tempi,
ma come integrarla nel presente?
C’è
una sconnessione evidente tra i grandi temi evocati e le emozioni,
soffocate dalla tecnica interpretativa di Ranieri. L’unico
momento in cui questa incongruenza si scioglie è all’inizio,
nell’entrata in scena del cantante partenopeo, teso
perché emozionato, verrebbe da dire “come fosse
la prima volta”. Quella sì che è un’emozione
vera, il resto è un’operazione amarcord per nostalgici.
Da un
interprete con la storia e la professionalità di Massimo
Ranieri ci si aspetta più… Coraggio. [deborah
ferrucci]