È
probabilmente il musical più famoso al mondo.
Rappresentato in circa 26 paesi e 250 città,
è già stato tradotto in 10 lingue, ha
vinto due Oliver Awards (i premi per il teatro a Londra)
quale miglior musical e per le migliori coreografie
(Gillian Lynne). Nel 1983 Cats ricevette undici candidature
ai Tony Awards, vincendo un totale di otto premi,
tra cui miglior musical, miglior musica e miglior
interprete femminile non protagonista.
Basato
sul libro di Thomas Stearns Eliot “Old Possum's
Book of Practical Cats” (con aggiunte di Trevor
Nunn e Richard Stiloge), prende vita da una raccolta
di poesie, inizialmente concepite come lettere che
Eliot scriveva ai suoi nipotini e pubblicate solo
in un secondo momento. Lloyd Webber che ha musicato
tutte le poesie della raccolta per costruire la storia
del musical, oltre a materiale
inedito fornitogli dalla vedova di Eliot, ricorda:
“L'elemento decisivo fu la storia di una gatta
chiamata Grizabella che Eliot non aveva incluso nel
suo libro per bambini perché riteneva fosse
troppo triste. Con quella scoperta Cats, come sarebbe
diventato, aveva quel potenziale di luce e ombra di
cui avevo bisogno per scrivere l'intera partitura”.
Oggi
Cats viene messo in scena per la prima volta in italiano
dalla Compagnia della Rancia di Saverio Marconi che
ricorda: “È motivo di orgoglio e che
la Really Useful Group, molto attenta nella concessione
dei diritti dei propri lavori, dopo una trattativa
durata 6 anni condotta in collaborazione con Lucia
Ostali Mantovani, amministratore di Anfiteatro Musica
e rappresentante della RUG in Italia, abbia scelto
la Compagnia della Rancia per una nuova edizione di
un titolo storico come Cats, fenomeno indiscusso in
scena in tutto il mondo da quasi 30 anni”.
Non si tratta semplice di una traduzione dello spettacolo
originale, ma di una messa in scena ex-novo in cui
spiccano le coreografie di Daniel Ezralow, che firma
anche la regia associata: “Sono molto felice
che mi sia stata offerta l’opportunità
di lavorare a questo spettacolo. Sta prendendo forma
uno show assolutamente originale dove, insieme alla
straordinaria partitura scritta da Andrew Lloyd Webber,
cercheremo di spiegare il rapporto strano, descritto
dal bellissimo libro di Eliot, che esiste fra i gatti
e gli uomini. Ci sono aspetti umani nei gatti e ci
sono aspetti ‘felini’ negli uomini: soprattutto
su questa particolarità sarà rivolta
la nostra attenzione”.
La storia è nota: come ogni anno, i gatti della
tribu Jellicle si danno ppuntamento al chiaro di luna
per la festa durante la quale il vecchio Deuteronomio,
loro leader, sceglierà chi di loro passerà
nel “Dolce Aldilà” (Heavyside Layer)
per rinascere a nuova vita. Questa è una notte
davvero speciale: gli umani assistono alla festa dei
gatti.
I Jellicle si presentano e raccontano le loro storie;
tra loro c’è anche Grisabella, un tempo
gatta affascinante, ora malconcia ed evitata da tutti.
All’improvviso compare il malvagio Macavity,
che rapisce Deuteronomio e si ripresenta più
tardi fingendosi proprio Deuteronomio: il gatto criminale
viene però smascherato e scacciato dagli altri
gatti. I Jellicle si mettono così alla ricerca
del buon Deuteronomio e chiedono aiuto al mago Mr.
Mistofeles che, alla fine di un numero spettacolare,
lo fa riapparire. Mentre l’alba si avvicina
Grisabella ricompare sulla scena e, cantando la celebre
“Memory”, rievoca i bei tempi: i gatti
sono pronti a riaccoglierla tra loro. Deuteronomio
decide che sarà proprio lei ad aver diritto
a rinascere e la accompagna alle porte del “Dolce
Aldilà”.
Lo
spettacolo parte bene, con l’Overture accompagnata
dal suono naturale dell’orchestra che sebbene
nascosta suona dal vivo e rappresenta, oltre ad un
importante sforzo produttivo, una piacevolissima novità
nel panorama del musical italiano e della Rancia in
particolare. Non mancano occhi di gatto che si illuminano
nell’oscurità, all’interno di una
discarica ai confini di un Luna Park: belle e funzionali
le scene di Gabriele Moreschi. La stessa traduzione
in italiano dell’opera dei testi originali fa
meno danni di quanto ci si aspettasse (la maggiore
preoccupazione era rispetto alla canzone più
famosa, “Memory”). Eppure in alcuni frangenti
si scivola in un macchiettismo non necessario (vedi
Ciccio Gourmet, la locanda di Zia Rosalina, ecc. ecc.).
Cosa non funziona nello spettacolo? Innanzitutto le
voci di molti dei protagonisti. Le questioni sono
due: o l’orchestra è stata malamente
amplificata (errori di gioventù?), oppure gran
parte degli interpreti non ha l'adeguata potenza vocale
per cantare e ballare in oltre due ore di spettacolo.
Metà del cantato si perde nel vuoto. Inoltre,
la colonna portante dello spettacolo originale erano
le movenze feline che gli attori della compagnia riuscivano
a dare ai loro personaggi. Nello spettacolo italiano
questi movimenti, nonostante i video della presentazione
al Colosseo di Roma, svaniscono, coperti, probabilmente,
da costumi per la gran parte inadeguati, composti
da improponibili tute che coprono sin troppo i corpi
degli attori.
Le stesse coreografie di Daniel Ezralow non sono all’altezza
delle originali: sembrano quasi adagiarsi su una medietas
da spettacolo televisivo del sabato sera, per altro
non aiutate da un palcoscenico (in questo caso Il
Sistina di Roma) che ci è sembrato troppo piccolo
per sostenere coreografie con 20 personaggi presenti
in contemporanea sul palcoscenico. Gli attori-ballerini
sono sembrati frenati, timorosi di scontrarsi l’uno
con l’altro.
Il risultato è uno spettacolo visivamente imponente,
ma vuoto di emozioni. Come una bella scatola natalizia
tutta colorata e luccicante, ma miserevolmente vuota
al suo interno. Meditate gente, meditate… [fabio
melandri]