Il caso Dorian Gray


Anno
2012

Genere
monologo

In scena
in turnè

Autore
Giuseppe Manfridi
Regia
Pino Micol
Interpreti
Manuele Morgese
Produzione
Compagnia Teatro Zeta

 

In un monologo a tre voci Giuseppe Manfridi rilegge la storia di Dorian Gray. L’atmosfera è cupa: drappi neri, una grande cornice dorata, un candelabro, un coltello affilato. Manuele Morgese è sia Henry, Basil che Dorian. Un rumore di passi ed ecco Lord Henry Wotton che introduce le vicende del protagonista. Watton è un dandy sofisticato, vestito di una pesante vestaglia verde e oro; il suo è un linguaggio aulico, altisonante. Poi c’è Basil Hallward, il pittore sensibile e solitario, che ammira morbosamente Dorian. Il suo è un racconto più confuso, scosso. La sua versione dei fatti si nasconde dietro alla convinzione che talora la mente umana rimuova ciò che preferisce scordare. Infine tocca allo stesso Gray: bellissimo, vanitoso e perfido, cerca quasi un riscatto nel suo racconto.

Il regista Pino Micol costruisce una partitura a tre voci in un’ambientazione noir e affidando il peso dell’operazione alla sola capacità attoriale di Morgese: il risultato è complessivamente poco apprezzabile. La recitazione del protagonista è monocorde nonostante lo sforzo e l’impegno profuso. I tre personaggi non sono sfaccettati nell’intenzione e le parole si perdono all’interno di una certa fatica interpretativa. Si avverte fatica nel seguire una storia nota e per di più smontata e rimontata quasi fosse un giallo, un caso giudiziario da risolvere. Avrebbe potuto essere un’originale rilettura dell’opera di Oscar Wilde; purtroppo si assiste a un’operazione tristemente caricaturale. [patrizia vitrugno]