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Anno
2012
Genere
commedia musicale
In
scena
turnè
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Autore |
Peppe
Barra, Paolo Memoli |
Adattamento/Traduzione |
libero
adattamento dall’opera di Andrea Perrucci |
Regia |
Peppe
Barra |
Scene |
Emanuele
Luzzati |
Coreografie |
Fanny
Gombert |
Costumi |
Annalisa
Giacci |
Luci |
Francesco
De Rosa |
Musica |
Roberto De Simone, Lino Cannavacciuolo, Paolo Del Vecchio,
Luca Urciuolo |
Interpreti |
Peppe
Barra, Salvatore Esposito, Maria Letizia Gorga, Francesca
Marini, Peppe Celentano, Giacinto Palmarini, Patrizio
Trampetti, Sandro Tumolillo, Ciro Di Matteo, Eugenio
Di Giovanni, Federica Salierno, Alessia Napolitano,
Maria Sibilla Celesia, Aniello Giglio, Rossella Lisa
Marino, Teresa De Rosa |
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Profondamente
avversate dai fondamentalisti e, più in generale, dalle
menti grasse, le opere nate dalla commistione di sacro e profano
hanno segnato alcune fra le stagioni più interessanti
della storia della cultura italiana moderna e contemporanea.
Negli anni successivi al 1968 fiorirono capolavori come “Mistero
buffo” (1969) di Dario Fo, legato in maniera
indissolubile ai vangeli apocrifi dell’infanzia e “La
buona novella” (1970) di Fabrizio De Andrè,
che aveva attinto al medesimo serbatoio, esasperando l’umanizzazione
del Cristo e degli altri personaggi evangelici.
Nel 1974 la Nuova Compagnia di Canto Popolare, mise in scena
un’edizione profondamente rivisitata de “La
cantata dei pastori”, adattamento di un’opera
seicentesca del siciliano Andrea Perrucci che, nei secoli precedenti,
sempre più volgarizzata aveva riscosso un enorme successo
di pubblico in tutta la Campania, fino a trasformarsi in un
appuntamento immancabile del Natale partenopeo. Forte degli
arrangiamenti musicali di Roberto De Simone, impareggiabile
nel recupero del patrimonio tradizionale napoletano, quella
versione rivoluzionaria della Cantata vedeva per la prima volta
il trentenne Peppe Barra nei panni dell’umanissimo protagonista
Razzullo.
Nel corso degli anni Barra, amato da Eduardo De Filippo e Maurizio
Scaparro, ha operato un ulteriore riadattamento su questa favola
della natività di cui oggi è il massimo interprete,
fino a riscriverla, nel 2003, assieme a Paolo Memoli. Dal minuzioso
lavoro filologico dei due autori è nata una versione
della Cantata modellata, anche nell’elemento scenico,
sulla tradizione del presepe napoletano, con l’umano che
prevale sul divino quasi fino a schernirlo. In una Galilea che
richiama alla mente una Napoli senza tempo si snoda il peregrinare
di Giuseppe e Maria di Nazareth verso la grotta di Betlemme
dove Gesù vedrà la luce. Procedendo tra oscure
selve, verdi pascoli e mari in tempesta, la coppia viene insidiata
dalle forze del male, intenzionate a tutto pur di impedire la
nascita del Redentore. Ma Gabriele, l’angelo del bene,
con la spada teatralmente rivolta verso la luce, respinge ogni
assalto ricacciando i diavoli negli infuocati spazi infernali.
Intanto attorno ai due santi si muovono pastori, pescatori,
cacciatori, umili figure da presepe con i quali, di volta in
volta, finiscono per confrontarsi Razzullo, indolente scrivano
partenopeo dall’appetito atavico, inviato in Palestina
in occasione del censimento di Augusto, e Sarchiapone, barbiere
deforme e analfabeta fuggito da Napoli dopo aver commesso un
delitto.
Indossando una camicia bianca,
un abito nero e un cappello piumato, Peppe Barra offre al
personaggio un’inesauribile carica vitale, in nome di
un eclettismo del quale l’autore è maestro, anche
nell’adottare un lessico napoletano più vicino
a quello dei giorni nostri. I suoi funambolismi verbali, l’espressività
esasperata, una mimica irresistibile, i duetti con il sodale
Sarchiapone (Salvatore Esposito), sempre incentrati sul linguaggio
del corpo, trasformano Razzullo in una figura da commedia
dell’arte. La varietà degli espedienti scenici
messi in atto dall’attore-regista aggiorna alcuni stilemi
del teatro barocco, come la roccia in movimento sulla quale
irrompe l’angelo Gabriele, interpretato con bravura
da Maria Letizia Gorga. I continui cambiamenti di scena, la
processione iniziale che irrompe alle spalle del pubblico,
l’utilizzo di ballerini-diavoli dai movimenti esasperati,
gli spettacoli di mangiafuoco e trampolieri, la coltre di
nebbia che esalta la scena finale della natività, rendono
inimitabile la regia di Barra. La presenza di un’orchestra
di sette elementi ai piedi del palco rende ancora più
travolgenti le musiche originali di Roberto De Simone e Lino
Cannavacciuolo. Non manca la chiusura a effetto, sulle note
di “Quanno nascette Ninno”, canto natalizio napoletano
scritto nel XVIII secolo da Sant’Alfonso Maria de Liguori,
derivato dal celeberrimo “Tu scendi dalle stelle”
dello stesso autore. Il restauro delle scene del grande Emanuele
Luzzati è un altro degli obiettivi che Peppe Barra
ha portato a termine per questo nuova, irresistibile versione
de “La Cantata dei Pastori”.
[valerio refat]
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