Nel
buio di una squallida cella del carcere di Secondigliano,
sezione protetta degli "infami" e dei crimini
"vergognosi", due uomini a confronto: Salvatore,
detto Totore, guaglione della potente cosca dei D'Urso,
in carcere per l'omicidio di un prete anticamorra
e Marcello, ex professore, omosessuale ossessionato
dai film di Hedy Lamarr, la famosa diva degli anni
'40.
I due si affrontano in un doloroso corpo a corpo,
un viaggio tra amore e odio, sogno e realtà,
tenerezza e sopraffazione, frutti di due mondi apparentemente
così lontani eppur così vicini. Salvatore
e Marcello si specchiano uno nell'altro attraverso
il ribrezzo e il disgusto iniziali, che si trasformano
prima in complicità ed infine in comunanza
e solidarietà.
Un dramma a due che descrive con poche pennellate
un universo fatto di disperazione, spirito di sopravvivenza,
violenza e vendetta che cavalca e parzialmente travalica
i luoghi comuni.
Arnolfo Petri (anche autore della piece e co-regista
insieme ad Angela Di Maso) e Gianfranco Lettera si
dividono il palcoscenico con le belle scene di Armando
Alovisi e le luci espressioniste di Ettore Nigro.
Petri, dalla recitazione sin troppo accademica, risulta
freddo, distaccato e poco naturale; Gianfranco Lettera
nella parte del camorrista appare più convincente,
ma la miscela tra i due tarda a crearsi. I dialoghi
risultano artefatti e meccanici e, nonostante il contesto,
non ci si libera mai dalla sensazione di assistere
ad un pezzo recitato piuttosto che verosimilmente
"vissuto".
[fabio melandri]