La
bisbetica domata
nella versione della regista Shahroo Kheradmand è
una matassa intricata, piena di nodi, urla, inseguimenti
animaleschi e acrobatici tra i protagonisti Petruccio
(Mirko Soldano) e Caterina (Caterina Misasi). Tra
i due bisbetici il servo di Petruccio, Grumio (Franco
Heera Carola), vero artefice dell’incontro amoroso.
Sì, perché in realtà sia Petruccio
che Caterina hanno un gran brutto carattere. Il matrimonio
s’ha da fare e si fa con una parvenza di perbenismo
e con la compiacenza degli spettatori del banchetto
nuziale.
Ma
è dopo le nozze cominciano i guai. Lo sposo
cerca di domare Caterina negandole cibo, attenzioni
e gentilezze. La sposa è disperata e umiliata.
Compare Grumio che la trascina in un tango sensuale
(con la bella coreografia di Francesca Romana Sestili):
in quella danza Caterina trova il suo lato femminile,
si lascia andare, la coppia si sente travolta; Caterina
fugge, Petruccio è scacciato da quel cerchio
magico di passione; la musica continua, ora è
Petruccio a inseguire Caterina, ora è lui ad
essere disperato, ad implorare un bacio, un abbraccio.
L’incontro tra Caterina e Petruccio inizia davvero,
i bisbetici sono domati.
La
prima parte dello spettacolo è difficile da
seguire: i protagonisti Caterina Misasi e Mirko Soldano
faticano ad essere, rispettivamente, bisbetica e rude:
la Misasi è troppo esile e dolce, non dovrebbe
urlare, esagerare per trovare in sé la bisbetica;
Soldano eccede nei virtuosismi verbali, nell’autoironia,
non sembra essere a suo agio nei panni del rude domatore.
Carola con la sua leggiadria e i passi di danza, sembra
essere il più forte tra i due. E infatti sarà
lui ad accendere la miccia tra loro. Un caso? La seconda
parte è fluida, gli attori trovano un registro
più consono alle loro corde.
La
lettura della Kheradmand della commedia scespiriana
è interessante: nessuno doma nessuno, ci si
abbandona l’uno all’altro per ballare
il passo a due. Peccato per carenza nella prima parte,
complice l’assenza del confronto con gli altri
personaggi della commedia originale: senza la mansueta
sorella Bianca e il padre Battista, non si riesce
a comprendere l’astio di Caterina, il rancore
per se stessa e per il mondo intero; senza il contorno
della gente di Verona e di Padova, Petruccio fatica
a convincere delle sue ragioni. I due protagonisti
sostengono con difficoltà il peso della commedia
nella prima parte, si sciolgono nella seconda, dopo
che Grumio li ha liberati dalle inutili architetture.
Spettacolo interessante ma convincente a metà.
[deborah ferrucci]