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Autore:
Luigi Pirandello |
Regia:
Giuseppe Dipasquale |
Scene:
Antonio Fiorentino |
Costumi:
Elena Mannini |
Luci:
Franco Buzzanca |
Musica:
Gustav Mahler |
Compagnia:
Teatro Stabile di Catania, Teatro Biondo Stabile di Palermo |
Interpreti:
Pino Caruso, Magda Mercatali, Loredana Solfizzi, Dely
De Majo, Giovanni Guardiano, Emanuela Muni, Enzo Gambino,
Giada Colonna |
Anno
di produzione:
2010 |
Genere:
drammatico |
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Rappresentata
per la prima volta in lingua italiana a Roma nel 1923,
dopo una lunga gestazione che aveva imposto l’abbandono
del dialetto siciliano e un sostanziale rimaneggiamento
del testo, “Il berretto a sonagli” racchiude
in sé gran parte delle tematiche pirandelliane.
Descrive il rapporto tra verità e pazzia, vissuto
attraverso un’inestricabile molteplicità
di punti di vista, rimarcati attraverso una riuscita
gamma di soluzioni sceniche.
All’interno di un palazzo aristocratico di una
piccola cittadina siciliana, durante l’ultimo
scorcio degli anni Dieci, Beatrice scopre il tradimento
perpetrato ai suoi danni dal marito, il potente Cavalier
Fiorica, e ignorando la voce della ragionevolezza
incarnata dall’anziana governante Fana, decide
di denunciare per adulterio il consorte assieme alla
presunta amante, giovane moglie di Ciampa, segretario
particolare del Cavaliere. Quando Ciampa viene convocato
da Beatrice che gli ordina di partire per un improvviso
viaggio d’affari, nell’uomo inizia a farsi
strada il sospetto del tradimento. Messo alle strette,
egli non può fare altro che prospettare a Beatrice
gli effetti nefasti che possono nascere dalla disarmonia
delle tre corde che regolano il comportamento umano:
la pazza, la seria e la civile. Il ritorno dalla missione
di Ciampa, informato dello scandalo scoppiato in seguito
all’arresto dei due adulteri, provoca una sorta
di cortocircuito decisionale nei personaggi che affollano
il palazzo. Per scrollarsi di dosso il berretto a
sonagli del disonore, l’uomo dovrebbe uccidere
la consorte e il suo amante ma, come spesso accade
nel teatro di Pirandello, la follia si rivela l’asso
nella manica per tacitare ogni scandalo. La scena
si chiude con Beatrice abbandonata da tutti che urla
e si dibatte in un’enorme ragnatela.
La rivisitazione dell’opera elaborata da Giuseppe
Dipasquale, direttore dello Stabile di Catania, si
snoda in una pluralità di prospettive create
dal movimento di una panchina posizionata su di una
piattaforma che gira sulle note della Decima Sinfonia
di Gustav Mahler. Gli interni barocchi del palazzo
aristocratico sono metodicamente rischiarati da una
luce che sembra brillare anche di notte. Mentre la
voce dei personaggi a tratti viene distorta in un
gioco di rimbombi e di echi. La prova di Pino Caruso
nei panni di Ciampa appare notevole, anche per il
tono dimesso che lo discosta dai grandi che, come
Salvo Randone, hanno interpretato il personaggio in
passato. Il piglio meditabondo, la pedanteria che
si intensifica ad ogni ragionamento, conferiscono
a Ciampa un’impronta decisamente pirandelliana,
che lo rende vittima delle fatalità della vita.
[valerio refat]
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