Nella
cittadina di Toorak, in Australia, un professore di
eloquenza shakespeariana (Ennio Fantastichini) insegna
ai balbuzienti a guarire dal difetto. Quando è
tra le quattro mura domestiche, però, abbandona
gli abiti grigi del professore, indossa una parrucca
bionda, calze autoreggenti, una vestaglia con piume
di struzzo, ascolta le canzoni dei Rolling Stones e
telefona all’amante Bruce (“Com’è
difficile essere l’altra donna!”).
Beniamino, giovane studente di dodici anni, si accorge
delle reali tendenze dell'nsegnante innescando una reazione
a catena che sarà fatale per l'adulto.
All’inizio del monologo si avverte l’assenza
sulla scena degli interlocutori del professore, soprattutto
di Beniamino e della madre. Si prova fastidio, si sente
il pregiudizio, “E’ il solito narcisismo
dell’attore italiano che vuol fare tutto da solo”.
Niente di più sbagliato.
Quell’assenza di interpreti sul palcoscenico è
la solitudine reale della sua vita, l’ansia di
essere scoperto, braccato dall’incomprensione
della società. E mentre ci si affanna a chiedersi
il genere di spettacolo, l’equilibrio, la misura
di Fantastichini annullano la domanda.
L'interprete qui è ciò che Peter Brook
suggerisce con il titolo del film “Tightrope”:
il vero attore è un funambolo, cammina su una
fune sottilissima senza cadere mai, senza perdere di
vista l’altra sponda: lo spettacolo stesso. Fantastichini
non indugia nelle emozioni, nelle battute, nel facile
sentimentalismo, nemmeno negli eccessi che certe stravaganze
potrebbero portare.
La regia di Sepe non è da meno: armonia di tutte
le parti, misura nelle scenografie, nelle luci, le musiche
“leggere” in contraddizione “armonica”
con dei momenti drammatici del protagonista.
La vita è così: scorre, inutile farne
un dramma. Sembra quasi suggerire Beniamino, accenniamola,
viviamola senza eccessi.
La fine arriva quasi senza accorgersene. Si resta con
la consapevolezza di aver visto qualcosa di “contemporaneo”,
accompagnati da una mano leggera, senza forzature.
Forse è qui la strada per portare il pubblico
verso un teatro coerente con gli stimoli della società
contemporanea.
[deborah
ferrucci]
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