Inizia
con un tono lieve la commedia di Gianni Clementi.
L'interno di una casa romana di periferia, una donna
(l’intensa Elisabetta De Vito) spenta dalle
difficoltà della vita che per vivere presta
la voce ad una chat erotica; il fratello (il mattatore
Nicola Pistoia) che si veste da centurione al Colosseo
e venera la squadra di calcio della città,
la Roma di Antonello Venditti.
Sembrerebbe una commedia scontata, ma quando la storia
sembra esaurirsi compare l’extracomunitario
(l’ottimo Paolo Triestino), il bielorusso Milan,
che sostituisce Sergio come centurione mentre questi
fa l’imbianchino in casa di amici. La storia
si anima con l’attivismo di Milan, che alla
fine si sostituisce in tutto a Sergio, donando l’illusione
di un amore alla sorella di Sergio, Maria. Ma…
Il finale è agrodolce, realistico, come la
vita, che non fa sconti a nessuno dei protagonisti.
Gli attori sono bravi e credibili, hanno una recitazione
spontanea e familiare che ricorda l’atmosfera
delle commedie di Eduardo. La figura di Sergio nel
primo atto è quasi invadente, con le battute
in romanesco, le parolacce e la pigrizia. L’entrata
in scena di Milan ne riequilibra la figura e lascia
spazio alla malinconia, alla poesia dell’umanità
e delle illusioni.
Il testo teatrale è ben scritto, soprattutto
nel secondo atto. La regia segue gli attori in modo
fluido e li fa crescere nella storia. Interessante
il cambio di scena realizzato con le immagini di Ben
Hur. È una commedia gradevole: fa ridere, fa
riflettere e commuovere. Dire che si parla di immigrazione
è riduttivo. Si parla di umanità.
[deborah ferrucci]