“Beatles
Submarine” è il risultato
dell’ironica accoppiata Neri Marcorè
- Banda Osiris ed è, ovviamente, un tributo
surreale ai Beatles. Le aspettative sono alte, sarà
per i protagonisti che lo interpretano, per i miti
a cui è ispirato, o per l’impianto scenografico
che si intravede. Nei colori fluorescenti dei costumi
circensi e i disegni psichedelici dello sfondo, ecco
l’atteso recital: il racconto inizia con Zoo,
uno strano figuro dalla buffa cresta rossa, a cui
un imperatore-dio ha ordinato di inventarsi tutta
la fauna del pianeta terra. Zoo crea cervi, uccelli,
ornitorinchi e perfino scarafaggi… Ecco il primo
dei vari accenni alla parola “scarafaggio”;
da qui si ripercorre la biografia del mitico gruppo
di Liverpool: con un pretesto elementare si arriva
ai Beatles. Possibile non ne esistesse uno migliore?
Per alcuni aspetti divertente
(le gag della banda Osiris e i monologhi coloriti
di Marcorè), per il resto “Beatles Submarine”
fa acqua da tutte le parti. Qualche strimpellata di
chitarra a tema di “Help”, “Yesterday”
e “Lucy in the sky with diamonds” e il
pacchetto è pronto. Ma così non dovrebbe
essere: il tributo soffre di una debolezza cronica.
Dalla musica, che si accontenta di una semplice base
per arricchirsi di poche trombe e tromboni della banda
Osiris, alla drammaturgia che si perde nelle storielle
strategiche di tradurre semplicemente le canzoni dei
Beatles.
Il
tributo, l’omaggio o più semplicemente
il concerto, è solo un intrattenimento noioso.
Non si riesce neppure a provare un briciolo di nostalgia
per un’epoca indimenticabile; un sorriso del
pubblico viene strappato con le interpretazioni mimiche
dei musicisti e l’utilizzo parodico degli strumenti.
Ci si aspettava di più anche dall’interpretazione
di Marcorè che invece ha risentito della limitatezza
drammaturgica. Bisognerebbe tornare ai tempi in cui
il teatro era più selettivo nelle proposte
e il pubblico moderava gli applausi con il lancio
liberatorio di rigogliosi ortaggi.
[serena giorgi]