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Autore |
Moliere |
Regia |
Claudio
Di Palma
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Scene |
Luigi
Ferrigno
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Costumi |
Maria
Freitas
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Luci |
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Coreografie |
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Musica |
Paolo
Vivaldi
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“L’Avaro”
di Molière (per la regia di Claudio Di Palma)
è una tragicommedia di fine Seicento con protagonista
il vecchio fazioso Arpagone (interpretato da Lello Arena),
e la sua irrefrenabile ossessione per il possesso materiale
e gli interessi personali, tanto economici quanto affettivi.
Attorno a lui gravitano i figli Elisa e Cleante che,
di contro, vivono i propri sentimenti in maniera genuina
e disinteressata: l’una nei confronti del valletto
del padre, Valerio, l’altro per Mariana (giovane,
bella e di buoni sentimenti) che, ironia della sorte,
Arpagone vorrebbe in sposa, pur senza dote. La discordia
nasce quindi non solo poiché il padre, da parte
sua, aspira a combinare i matrimoni della prole badando
soltanto all’interesse economico ma anche e soprattutto
perché, paradossalmente, reclama per sé
ciò che non accetta per i propri figli. A ingarbugliare
ulteriormente la trama, il furto escogitato da Freccia
(servo di Cleante) e la calunnia di Mastro Giacomo (cuoco
e cocchiere di Arpagone), che per gelosia accusa del
misfatto il valletto Valerio…
Sulla
scena lo sfondo fisso che fa da cornice agli eventi
lascia fin da subito perplessi: quasi fossimo in un
museo, le tre pareti scenografiche sono letteralmente
murate da un sistema di teche, all’interno delle
quali è adagiata una collezione di sedie di
diverse epoche a simboleggiare forse metaforicamente
(ma in maniera piuttosto scontata) tanto il potere,
quanto il legame con l’ossessione del possedere.
Un’autorità in declino, o quantomeno
moralmente discutibile, visto che Arpagone si muove
sulla scena con l’aiuto di una sedia a rotelle.
Gli attori (microfonati, nonostante l’acustica
del teatro non lo richieda) non brillano per virtuosismi
e sembrano mossi da un’incomprensibile urgenza
che, invece di dare ritmo, mette un senso di fretta
e non lascia respiro allo spettatore. Una garanzia
la comicità di Lello Arena (che tuttavia tende
a deridere il proprio personaggio più che renderne
effettivamente la becera interiorità). Finalmente
si fanno notare i ruoli femminili di Elisa (Gisella
Szaniszlò) e Frosina (Giovanna Mangiù),
la prima più da un punto di vista tecnico,
la seconda anche per piglio e presenza scenica. Le
musiche, assieme alle luci e ai costumi, contribuiscono
a creare un’atmosfera macabra tra il kitsh e
l’underground che poco si addice alla rivisitazione
registica dell’opera di Molière. Tutto
considerato la messa in scena è quindi poco
credibile, proprio per la mancanza di un taglio preciso
e coerente che finisce per far perdere l’essenza
ironico-polemica della storia.
[benedetta
cora']
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Interpreti |
Lello
Arena, Fabrizio Vona, Valeria Contadino, Fabrizio
Bordignon,
Francesco Di Trio, Giovanna Mangiù, Enzo
Mirone, Gisella Szaniszlò
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Produzione |
CIVIT’ARTE
2013 e Bon Voyage Produzioni
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In
scena |
fino
al 27 ottobre al Teatro Quirino | Roma |
Anno |
2013 |
Genere |
commedia |
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