In prima nazionale al teatro Stanze Segrete lo spettacolo
"L'arte della fuga",
un monologo imperniato sulla vita del famoso pianista/interprete:
Glenn Gould. Difficile pensare ad una lectio magistralis
sulla musica, resa con la giusta leggerezza e considerando
l'argomento, erroneamente riservato ai pochi esperti
della materia, capaci di decifrare uno spartito e
capire che differenza c'è tra un accordo in
mi minore o in maggiore. Nonostante la domanda principale
sia se la musica si renda quale espressione o forma,
ossia una questione filosofica, tuttavia anche lo
spettatore comune rimane affascinato e coinvolto da
uno spettacolo diverso dagli altri.
Si parla poco di musica classica, se non in settori
ben specifici: si ascolta poco Bach, Chopin, Mendelssohn,
a meno che non si abbia un passato di pianista o melomane.
Invece quando si entra nello spazio di Stanze Segrete,
(per chi non vi è mai stato, la sensazione
è effettivamente di essere in una stanza),
quasi in punta di piedi, in un silenzio sacro, magicamente
il pubblico inizia a far parte della vita del maestro
Eisenbach, le lezioni pomeridiane, le esercitazioni
con l'allieva Claudia, ascoltando bellissime melodie
romantiche, accompagnate dal pianoforte dal vivo.
Tutto questo avviene nell'arco di un'ora circa, lasciando
nella platea una diversa percezione del tempo e dello
spazio, creata proprio dalla musica. Gli spunti di
riflessione svelano che in fondo la musica non è
solo qualcosa di astratto, è un linguaggio
universale che arriva velocemente, attraverso strade
di cui forse non si e' perfettamente consapevoli,
non solo una questione intellettuale.
Capace e commovente Massimiliano Giovanetti, protagonista
del monologo, affiancato da una pianista che a tratti
dialoga con lui. Interessante e molto semplice il
taglio registico, che lascia le redini all'attore,
in grado di esprimere i diversi stati d'animo del
maestro di pianoforte e concertista, fino alla pazzia
e ad un inevitabile destino. Discreto l'utilizzo delle
luci. [annalisa
picconi]