Aracne
è una donna che ha, sente, di avere quattro
gambe. Si trova in un ospedale e un'avvenente dottoressa
le spiega che si sentirà meglio, adesso che
ha subito l'asportazione degli arti superflui. Sin
dall'inizio lo spettatore avverte che c'è dell'altro.
La musica sinistra "Lullaby", quella sedia
a rotelle in scena, il monologo falsamente ironico
della dottoressa che racconta le sue difficoltà
sentimentali (molto divertente l'allusione a Lorenzo
il Magnifico, innamorato che ha una grande considerazione
delle sue capacità amatorie). Il medico non
riesce ad avere rapporti sessuali così appaganti
come quando è sola con il suo corpo. Perché?
Il ritmo al dialogo è teso, l'attrice stessa
è al limite della schizofrenia, con un'energia
alla "Shining" che fa presagire un'ascia
nascosta da qualche parte. E arriva quell'arma, quando
lo spettatore è ormai rassicurato dalle battute
divertenti della protagonista.
Lo spettacolo indaga il doppio che c'è in ogni
individuo: la parte solare, divertente, compiacente
e quella solitaria, cupa, spezzata, disperata. Doppio
annunciato anche dalla locandina, che riproduce un
quadro di Frida Kahlo, famosa pittrice messicana,
che ritrae due donne ferite, che si danno la mano.
L'attrice Laura Milani è molto brava a depistare
lo spettatore, aiutata da un buon testo, scritto da
Alberto Severi che indaga con estrema delicatezza
e sensibilità i rapporti affettivi tra genitori
e figli, un amore grande che si muove sul filo del
rasoio, in cui basta un attimo per precipitare nell'abisso.
Uno spettacolo per chi non ha paura di sondare "le
cantine dell'anima" che, come diceva la poetessa
Emily Dickinson, "sgomenterebbero la strada se
aspetto potessero rivelare".
Senza fiato.
[deborah ferrucci]