1968 la Battaglia
di Valle Giulia, Roma. 1969 strage di Piazza Fontana,
Milano. 1974 strage di piazza della Loggia, Brescia.
Benvenuti negli Anni Settanta. Attraverso immagini
d'archivio di queste tre manifestazioni di violenza,
si apre l'atto unico “Angelo
e Beatrice”, scritto da Francesco
Apolloni e diretto da Massimiliano Caprara. I protagonisti
dell’opera sono terroristi: di diversa estrazione
sociale – lei borghese, lui proletario –
li accomuna una rabbiosa passione politica ed eversiva,
che li guida in quegli anni “di piombo”.
Una rabbia che dall'azione politica si riversa nel
privato, tra sogni e disillusioni di un nuovo mondo,
di uno stato ‘altro’ da imporre solo con
la forza delle armi, ma che porterà invece
alla catastrofe politica e personale.
“Angelo
e Beatrice” sviluppa due storie
parallele che non riescono mai ad integrarsi l'una
con l'altra. Da una parte ci sono i contributi audiovisivi
che introducono ed illustrano lo scenario storico
e politico; dall'altra le vicende, i progetti e l'escalation
d'azione di Angelo e Beatrice che dovrebbero integrarsi
alle immagini, senza mai riuscirci. La recitazione
sovraeccitata, sanguigna, gridata di Veronica Milaneschi
non aiuta a creare il climax emotivo e narrativo utile
alla drammaturgia, ma anzi fagocita la performance
di Michele Botrugno, giocata invece su un registro
stilistico più basso e riflessivo. Due contrasti
che nello scontro non riescono a deflagrare accendendo
lo spettacolo.
Rimane
la sensazione di uno spettacolo destrutturato, in
cui i diversi elementi fanno corsa a sé, senza
mai trovare quell'amalgama (che se non c'è
non si può comprare, come invece ambiva a fare
l'ex Presidente del Catania Massimino), che strutturi
in maniera convincente uno spettacolo discontinuo,
incerto e confuso, nonostante le intuibili buone intenzioni
di fondo.
[fabio melandri]