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Autore:
William Shakespeare |
Adattamento:
Maria Grazia Cipriani |
Regia:
Maria
Grazia Cipriani |
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Scene:
Graziano Gregori |
Costumi:
Graziano Gregori |
Luci:
Angelo Linzalata |
Suono:
Hubert Westkemper |
Produzione:
Teatro del Carretto |
Interpreti:
Giandomenico
Cupaiuolo, Elsa Bossi, Giacomo Vezzani, Giacomo Pecchia,
Nicolò Belliti, Jonathan Bertolai, Carlo Gambaro |
Anno
di produzione:
2010 |
Genere:
monologo |
In
scena: Lo spettacolo è
stato annullato per grave infortunio di un attore.
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Scacchiera
e palcoscenico sono speculari; a manovrare le azioni
“Amleto”, figura scura che contrasta col
bianco dei fantasmi della sua mente. Chiusi in un
quadrilatero rosso, gli attori cadono al cadere delle
marionette. La messinscena del Teatro del Carretto
è tutta concentrata sul protagonista che è
l’autore di ciò che avviene sul palco.
Giandomenico Cupaiuolo è un Amleto visionario
e cupo, che gioca col proprio destino. La stanza nella
quale si alternano gli attori è la sua mente,
lo spazio in cui si muovono le sue visioni. L'interpretazione
raggiunge vette elevate dando a questo principe di
Danimarca una consistenza onirica sospesa tra tragico
e comico. L ’intero dramma si snoda a partire
dal punto di vista centrale di Amleto, è il
protagonista ad essere l’artefice, tutti gli
altri personaggi sono solo dei fantocci.
Anche se “solo” in qualità di fantocci,
il resto della compagnia supporta adeguatamente le
fatiche, non solo fisiche, di Cupaiuolo. Tutti lavorano
sul corpo e sulla voce come nella tradizione della
compagnia, senza risparmiarsi. Lo spettacolo regala
immagini originalissime dei personaggi come l’apparizione
del cadavere di Ofelia (interpretata da Elsa Bossi
che si dilunga un po’ troppo nel monologo della
follia), il cui corpo è disteso dietro un sipario
rosso; o l’uccisione del re nell’atto
della preghiera (ottima la prova di Giacomo Vezzani:
ubriaco e folle, ritratto perenne della morte della
persona); o infine la divertente coreografia dei teschi
dopo il celebre monologo sulle note di “Funeral
March of a Marionette” di Charles Gounod.
Taglienti e precisi, come sempre, i suoni di Hubert
Westkemper, che sottolineano la morte che arriva con
un feroce colpo di spada. Questo Amleto è scomposto
e ricomposto, non ha la linearità di un allestimento
classico, ma tutta la forza, seppur concentrato in
soli 90 minuti. Talmente ben congegnati da volerne,
alla fine, ancora di più.
[patrizia vitrugno]
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