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Autore:
William Shakespeare |
Adattamento:
Alessandro Serpieri |
Regia:
Pietro Carriglio |
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Scene:
Pietro Carriglio |
Costumi:
Pietro Carriglio |
Musica:
Matteo D’Amico
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Luci:
Gigi Saccomandi |
Compagnia:
Teatro Biondo Stabile di Palermo |
Produzione:
Teatro Biondo Stabile di Palermo,
Teatro Stabile di Catania |
Interpreti:
Luca
Lazzareschi, Luciano Roman, Galatea Ranzi, Eva Drammis,
Nello Mascia, Paolo Musio, Simone Toni |
Anno
di produzione:
2009 |
Genere:
tragedia |
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Amleto
(Luca Lazzareschi), il principe di Danimarca, è
disperato. Sente che la morte del padre è ingiusta
e biasima i comportamenti della madre e dello zio.
Il fantasma del vecchio re rivela al giovane principe
che il suo malessere è giustificato e che la
verità sulla sua morte è orribile. Da
questo momento la punizione dei colpevoli sarà
l’unica ragione di vita del principe, che perderà
il senno, oltre al resto, per far prevalere un oscuro
senso di giustizia.
Amleto è una delle tragedie shakespeariane
per eccellenza, uno dei punti massimi del genio del
bardo, si potrebbe quasi dire che un testo del genere
è bello presentato in qualunque veste. Quest’ultima
versione (almeno per ora, visto che il regista Pietro
Garriglio la definisce ancora uno studio), non fa
offesa a chi l’ha preceduta e metterà
sull’attenti, e forse anche in difficoltà,
chi ci si cimenterà in futuro. La scelta del
testo in versione integrale mette a dura prova sia
gli attori che il pubblico, tre ore e quaranta di
spettacolo presuppongono una grande dose d’amore
sia da parte di chi guarda che di chi sta sul palco,
ma tanta fatica è pienamente ripagata dalla
bravura degli interpreti e da tutti gli elementi che
compongono la rappresentazione.
Ma andiamo per scomposizione. Spariscono collari e
costumi legati all’epoca, per lasciare il posto
ad un mix di vesti vagamente orientali per il re (Luciano
Roman), la regina (Galatea Ranzi) ed altri cortigiani,
per Amleto ed altri personaggi; solo Rosencrantz e
Guildernstern ed il teschio di Yorick mantengono,
in un particolare, un ricordo dell’epoca di
Shakespeare.
Le scenografie si riducono a pochi moduli scuri, sostituite
da pannelli che velano l’anima dei personaggi
o s’illuminano per sottolineare la presenza
di un assente; quasi tutto lo spazio del palco è
occupato da un ripiano meccanico mobile, che regala
volume e spazi diversi alla recitazione, lasciando
libero solo un corridoio nel proscenio. Infine il
disegno di luci chiare, mescolato a tutto il resto,
restituisce agli spettatori un Amleto magnifico, nuovamente
vivo nonostante somigli così tanto al suo originale.
[jacopo
angiolini]
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