Sarah
(Tullia Daniele) e Richard (Mauro Fanoni) sono sposati
da dieci anni. Conducono una vita lineare, prestabilita
e ormai appiattita dalla routine. Lui tutte le mattine
si reca al lavoro e lei rimane a casa in attesa del
suo ritorno, che coincide con il rintocco delle sei
del pomeriggio. Per poter contrastare quest’esistenza,
passiva e ripetitiva, s’inventano uno stratagemma
che sembrerebbe dare linfa vitale al ménage
matrimoniale e sessuale. In un momento di notevole
intensità, Sarah precisa a Richard: “Così,
siamo fatti così… Amami...”.
Senza svelare il frutto delle loro elucubrazioni,
il sotterfugio diventa per Harold Pinter (Premio Nobel
2005) l’escamotage per portare alla luce la
crisi della coppia borghese e mostrarne i riti rigidamente
codificati e i tabù da superare: svela l’abisso
culturale. In un atto unico, svolto nell’arco
di due giorni e una notte, vengono scardinati la finzione
matrimoniale, l’incomunicabilità, la
violenza e l’ossessiva uniformità culturale.
Scritta nel 1962 e andata in scena un anno più
tardi con la regia dello stesso Pinter, la pièce
rimane profondamente attuale e condivisibile.
Il regista Giacomo Zito propone una scena semplice,
essenziale (che riporta alla mente Dogville
di Lars von Trier), governata dal testo. È
dominata da un parallelepipedo di lattice che da letto
si trasforma in ostacolo, fino ad assurgere a simbolo
della separazione e della finzione interna alla coppia.
Una cornice trasparente e una veneziana completano
la scenografia. Il resto (caraffe, bottiglie, bicchieri,
ghiaccio e porte) è affidato al suono, che
però non sempre è in sincro con i movimenti
dei protagonisti. Se Mauro Fanoni emerge nel doppio
ruolo di marito noioso e amante impetuoso, Tullia
Daniele lascia interdetti per la minima differenziazione
vocale e fisica tra il ruolo di moglie inappuntabile
e amante ardente. [valentina
venturi]