Agostino
ha quarant’anni, fa l’operaio e da poco
si è trasferito in un appartamento al quarto
piano di un palazzone a Tor Bella Monaca. E’
in affitto assieme ai due figli (Erika e Lorenzo),
la moglie Anna e il nonno, un novantenne ancora appassionatamente
lucido. È stato persino acquistato il divano
Ikea per guardare “i Cesaroni tutti e quattro
assieme” e imbiancata la casa: la gioia è
grande.
Il giorno della prima comunione del piccolo Lorenzo,
al ritorno dall’emozionante cerimonia, Agostino
si rende conto che la serratura è cambiata:
la porta non si apre e non c’è modo di
riuscirci. Dopo qualche istante d’incertezza,
la questione è risolta: si sentono delle voci,
ma nessuno ha lasciato la tv accesa… La casa
è stata occupata. Come rientrare in possesso
delle quattro mura, che si scoprono essere state a
loro volta occupate illegalmente?
Il nostro prima tenta di seguire la legalità:
va dai Carabinieri, tenta un dialogo con le istituzioni,
con la Chiesa che “ha tante case a disposizione”,
persino con il losco padrone di casa, ma non risolve
nulla. Usa anche l’arma del ricatto: mostra
all’inquilina delle foto compromettenti, ma
la donna non si fa intimorire. L’appartamento
è sempre presidiato da qualcuno.
Rimane una sola, disperata, soluzione: occupare il
pianerottolo e attendere che qualcosa cambi. Ma l’esistenza
di Agostino è comunque stravolta: persino la
moglie lo lascia al suo destino, portandosi via i
figli. Un destino segnato che, inaspettatamente trova
una soluzione, certo poco prevedibile.
L’intera epopea abitativa è interpretata
da Rolando Ravello, attore di teatro, cinema (Romanzo
di un giovane povero di Ettore Scola) e televisione
(era Pantani ne Il Pirata
diretto da Claudio Bonivento), che riesce con maestria
e leggerezza a far immedesimare lo spettatore nei
vari personaggi descritti (Agostino, la moglie, i
due figli adolescenti, il maestro, il nonno, il cognato,
i compagni di scuola di Lorenzo), cambiando tono e
postura in velocità.
Da un fatto realmente accaduto alla metafora della
vita: l’autore Massimiliano Bruno continua la
sua analisi della famiglia e delle difficoltà
che s’incontrano nella vita di tutti i giorni
(come in “Zero” e “Gli ultimi saranno
gli ultimi”), mantenendo acceso il suo tipico
tono disincantato e ironico. Anche se il brano sulla
solitudine lascia davvero poco spazio alla speranza…
Oltre a Ravello, in scena ci sono il musicista Alessandro
Mannarino che, assieme al violinista Houman Vaziri
accompagnano, sottolineano e amplificano la trafila
psicologica che vive Agostino, diventandone il coro,
la coscienza del protagonista.
La regia di Lorenzo Gioielli è semplice, lineare,
con un importante utilizzo dei mezzi scenici (una
scrivania, una scala, un’enorme porta) e dei
costumi (cappelli, grembiuli, occhiali), ideati da
Claudia Cosenza che aiutano a distinguere tra i vari
personaggi in scena. [valentina
venturi]