Alla
fine ci riescono. Gli attori imprigionano il regista
e lo nascondono nello sgabuzzino. Risultato: un gruppo
di scimmie impazzite, cani sciolti che interpretano
i ruoli come vogliono, creando un coro di voci che
si parlano l’una sull’altra, senza ritmo,
con registri, tempi e dizioni diversi. La domanda
sorge spontanea: dov’è finito il domatore
di questo circo? È sul palcoscenico con le
altre scimmie impazzite. Il Pieraccioni de' noantri
Andrea Quintili è protagonista, autore e regista
dello spettacolo “Affitasi stanza per sole donne”.
E si diverte pure. Forse troppo.
L'idea
di un uomo che si finge gay per trovare una stanza
in affitto in un appartamento di tutte donne è
anche carina, ma viene affogata da un mare di banalità
e luoghi comuni. Tanto per cominciare il testo. I
dialoghi non sono teatrali, troppe parole che non
fanno fluire i dialoghi; molto linguaggio colloquiale
e qualche parolaccia, un po’ eccessivi anche
per una commedia brillante. Gli attori, poi, fanno
un uso costante di ciò che in gergo teatrale
si definisce “caccola”: aggiungono al
testo impressioni personali orali e gestuali, con
l'unico risultato di sporcare l’interpretazione.
La sintesi e la pulizia, invece, a teatro sono d’obbligo.
La regia infine delega l’orchestrazione ai singoli
attori: un rischio e un’opportunità.
Rischio perché ogni opera teatrale, anche la
più semplice, è frutto dell’armonia
di parti diverse; se manca si rischia l’anarchia
e il messaggio non arriva. Opportunità: gli
attori più bravi emergono, ovvero Brigida Di
Costanzo (Francesca è semplice ma efficace,
la dizione è curata nonostante la giovane età)
e Camilla Rotundi (Fabiana è godibile con quella
camminata sbilenca, l’aria svagata e gli occhi
sempre spalancati).
In
sintesi i talenti individuali e l’entusiasmo
della compagnia non bastano a salvare lo spettacolo.
Si ha la sensazione di aver assistito ad una recita
scolastica.
[deborah
ferrucci]