|
Anno
1940
Genere
commedia
In
scena
fino al 21 aprile
Teatro Parioli | Roma
|
Autore |
Armando
Curcio |
Adattamento/Traduzione |
Luigi
De Filippo |
Regia |
Luigi
De Filippo |
Scene |
Luigi
Ferrigno |
Costumi |
MariaLaura
Di Monterosi |
Luci |
Salvatore
Lenzuolo |
Musica |
Luigi De Filippo |
Interpreti |
Luigi
De Filippo, Paolo Di Pietrantonio, Stefania Ventura,
Riccardo Feola, Roberta Misticone |
Compagnia |
Compagnia
di Teatro di Luigi De Filippo |
|
In
una società come quella odierna, devastata dalle perversioni
della finanza internazionale, chiedersi se il denaro rappresenti
la via per la felicità è un esercizio da retori.
E mentre sulle pagine dei giornali, accanto a scene di ordinaria
disperazione, spuntano nomi di persone che trasferiscono patrimoni
in paradisi fiscali, Luigi De Filippo ripropone una commedia
dal titolo passato di moda: “A che servono questi quattrini?”.
Scritta dal futuro editore Armando Curcio (1900-1957), la commedia
andò in scena per la prima volta al Teatro Quirino di
Roma nel 1940 e si rivelò una delle prove più
brillanti del connubio tra Eduardo e Peppino De Filippo prima
della rottura, avvenuta nel 1944. Il successo fu tale che nel
1942, in piena Seconda guerra mondiale, il soggetto divenne
un film diretto da Esodo Pratelli.
Il marchese Eduardo Parascandoli,
soprannominato il Professore, è un nobile decaduto
che vive in povertà, attorniato da giovani discepoli
a cui insegna il disprezzo dei beni materiali e i benefici
della vita contemplativa. Colpito dal carisma del marchese,
il falegname Vincenzino Esposito abbandona ogni attività
per approssimarsi all’atarassia, decantata dal professore.
Assalito dai creditori e ad un passo dallo sfratto, il giovane
eredita una fortuna da un parente sconosciuto emigrato in
Argentina. Per Vincenzino è l’inizio di una vita
nuova in cui soddisfare ogni sogno, tra cui quello di sposare
Rachelina. In realtà è un abile disegno architettato
dal Professore per convincere il discepolo dell’inutilità
del denaro e del fatto che basta la fama della ricchezza per
ottenere crediti da tutti.
Luigi De Filippo, tra
gli ultimi grandi interpreti della tradizione napoletana,
si immerge con sapienza nel ruolo del Professore ironico e
disincantato, già impersonato da Eduardo nella prima
messa in scena e da Peppino nei primi anni Settanta. Al suo
fianco un bravo Paolo Di Pietrantonio nei panni di Vincenzino,
abile a riproporre in chiave critica i tic e le movenze di
Peppino, primo attore ad interpretarne il ruolo. Tutti i componenti
del cast, da Fabiana Russo a Riccardo Feola, conferiscono
un senso di coralità allo spettacolo, in una sequenza
di battute dal ritmo serrato. La scenografia di Luigi Ferrigno
ricostruisce in ogni dettaglio sia gli ambienti degradati
della Napoli popolana del dopoguerra, con vicoli punteggiati
di abitazioni sporche e fatiscenti, che quelli lussuosi dell’alta
borghesia, tra soffitti dagli stucchi raffinati e mobili rilucenti
di smalto. I costumi, che non concedono nulla se non al realismo,
nascono direttamente dalla scuola della tradizione di cui
Luigi De Filippo è erede. Le musiche, semplici e popolari,
accompagnano l’apertura e la chiusura di ogni scena
all’insegna di una danza della vita che sembra non conoscere
mai fine.
[valerio refat]
|