Il “Riccardo
III” di Shakespeare, come tutti
i capolavori di William Shakespeare, non finisce di
stupire per come affronta tematiche sempre attuali,
con un testo ricco di sfumature, che lascia spazio
a molteplici e possibili interpretazioni. La lettura
che ne dà Alessandro Gassmann (qui regista
ed interprete) è originale, brillante e interessante
da più punti di vista. Sin dall’adattamento
del testo, appare chiara la volontà di rendere
l’opera alla portata di tutti: grazie al lavoro
di Vitaliano Trevisan i dialoghi sono attuali e immediati,
con un linguaggio secco e diretto. La scelta registica
di Gassmann è coraggiosa, stupisce soprattutto
per la freschezza delle idee e la cura dei particolari.
Dai costumi alle scene niente è lasciato al
caso, tutto è costruito per arrivare a comporre
un universo gotico-grottesco dove prendono forma e
coesistono personaggi propri della tradizione shakespeariana,
insieme a creature che hanno segnato il successo cinematografico
del genere fantasy nell’ultimo ventennio.
Il Riccardo (Alessandro
Gassmann) gobbo e deforme diventa un gigante in altezza,
mostruoso nei versi e nelle movenze, alla maniera
di “Frankestein Jr.”. Una rilettura scenica
di tutto rispetto grazie anche all’idea di affiancare
a questo robotico, sanguinario e insicuro Riccardo
un alleato, Buckingham, che ricorda il Cappellaio
Matto di “Alice nel Paese delle Meraviglie”
di Tim Burton. Trova terreno fertile, sul palcoscenico,
anche l’ottima idea di far rivivere le SS del
tarantiniano “Bastardi senza gloria”,
a partire dall’omicidio, con impossessamento
dello scalpo rosso del malcapitato di turno, perpetrato
dal fido boia Tyrrel.
Come tutti questi
mondi coesistano in un’unica rappresentazione
è un fatto che stupisce, favorevolmente. Non
si può non riconoscere la maestria dell’autore
e il talento creativo del regista. Del resto Gassmann
ha da tempo affinato lo stile interpretativo e il
gusto estetico e il coraggio di rappresentare un così
peculiare adattamento di uno dei testi più
classici in teatro, non può che fargli onore.
Da non perdere.
[giovanna gentile]