Due
atti unici, due momenti di vita teatrale messi a confronto
dal maestro del palcoscenico Carlo Cecchi.
Il primo testo, scritto dal genio Thomas Bernhard mette
in discussione il teatro contemporaneo, con le sue leggerezze,
i suoi paradossi, le sue parole a vuoto e le vacuità
intellettuali. Una frase su tutte, per rendere l’assurdità
dei dialoghi tra il regista Claus Peymann e la signorina
Schneider, la passeggiata con Thomas Bernhard e il pasto
frugale con Hermann Beil: “Il teatro è
un processo letale”. Cecchi mette a servizio del
testo la sua esperienza, la sua non chalance nel recitare
con realismo anche i momenti più “scomodi”
per un attore, come camminare in cerchio per più
di 15 minuti o recitare con del cibo in bocca senza
rischiare la frattura tra illusione scenica e immedesimazione
attoriale. Al suo fianco, nel primo monologo, in tre
parti distinte Elia Schilton, camaleontico e divertito
in ogni singola interpretazione.
Cala il sipario, giusto il tempo di scrollarsi di dosso
i panni dell’uomo contemporaneo e l’attore
nato a Firenze ma cresciuto a Napoli si trasforma in
Sik Sik l’artefice
mago, un prestigiatore in cerca di un
compare, pensato e scritto nel 1929 da Eduardo De Filippo.
In questo caso siamo nel teatro nel teatro, anche se
si tratta del lavoro di un illusionista e non una sala
istituzionale. Tra bicchieri d’inchiostro, lucchetti
che non si aprono a dovere e colombe che si trasformano
in galli, in un istante la scena ha dato tutto: risate,
ironia e amarezza. Al fianco di Cecchi ci sono Angelica
Ippolito, Roberto De Francesco e Diego Sepe, tutti in
parte.
Il protagonista dei due testi ha dichiarato: “Questo
spettacolo è composto da due atti unici. Tutti
e due hanno a che fare con il teatro. Il teatro mette
in scena se stesso. Con Bernhard, è il teatro
europeo contemporaneo, il teatro delle istituzioni e
della politica, il teatro dei funzionari e dei burocrati,
che viene scaraventato in scena nelle tre scenette tragicomiche
della vita del celebre regista Peynmann. Con De Filippo,
attraverso le disavventure di un disgraziato prestigiatore,
è messa in scena nel suo accadere, quell’invenzione
che nel 1930, grazie al genio dell’autore, fece
nascere dalla tradizione del teatro napoletano la maschera-personaggio
di Eduardo e quindi tutto il suo teatro successivo”.
Uno spettacolo diviso in due, unito dalla medesima origine:
l’amore per il palcoscenico. [valentina
venturi] |
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