La
morte secondo Babilonia Teatri in “The End”
vincitore del Premio Ubu
A Teatri di Vita (Bologna, 26-28 gennaio)
In maniera
beffarda e spietata hanno denunciato i mali di un’Italietta
provinciale e razzista, parlando dei problemi del lavoro, delle storture
dei mass-media, di integralismi e stereotipi. Adesso i Babilonia Teatri,
il gruppo-rivelazione degli ultimi anni, inventori di un linguaggio
teatrale originale e innovativo, parlano di morte. Lo fanno in “The
End”, che ha vinto recentemente il prestigioso Premio Ubu come
miglior spettacolo di ricerca della stagione.
“The End” arriva ora a Bologna, da giovedì 26 a
sabato 28 gennaio, alle ore 21, a Teatri di Vita (via Emilia Ponente
485; info 051.566330 - www.teatridivita.it).
Lo spettacolo, ideato da Valeria Raimondi e Enrico Castellani, ai
quali si aggiungono in scena Ettore Castellani, Ilaria Dalle Donne
e Luca Scotton, è un potente e tagliente sguardo sulla grande
rimozione della nostra epoca: la morte, appunto, nei suoi aspetti
più intimi e dolorosi, ma anche sociali e culturali. La morte,
ma anche la malattia, la vecchiaia: condizioni “espulse”
da una società che vuole essere sempre giovane e sana. Uno
spettacolo sconvolgente e di grande emozione, che il gruppo veronese
affronta con il suo personalissimo linguaggio: una lunga litania rap,
spiazzante e illuminante.
Oggi la morte non esiste. Non se ne parla. Non la si affronta, né
la si nomina. È un tabù.
La morte viene occultata, nascosta. La consideriamo come qualcosa
che non fa parte della vita.
La religione cattolica ha le sue responsabilità, ma il nostro
modello e stile di vita sposa perfettamente la volontà di rimuovere
la questione. Nel momento in cui ci troviamo a diretto contatto con
la morte tornano a galla in modo dirompente le nostre paure. Il buon
senso o senso comune non servono più a nulla. Non basta sapere
che la vita ha un ciclo, che i propri genitori invecchiano, che ammalarsi
è possibile. Non basta neanche la visione consolatoria che
la religione ci offre. La morte rimane tale. Uno spettro scuro di
cui abbiamo infinitamente paura. In modo estremamente tragico. In
modo estremamente comico.
Oggi invecchiare come ammalarsi non è consentito. Il mito dell'eterna
giovinezza dilaga. Ci stiamo trasformando in un mondo di Dorian Gray.
Vecchi e malati vivono separati dal resto della popolazione. Le parti
deboli, d'intralcio o pericolose hanno un luogo a loro deputato in
cui stare. Anche i morti per definizione vivono separati dai vivi.
Siamo consapevoli che non sempre è stato così, ma per
noi oggi è un dato di fatto.
Ci guardiamo e proviamo a fotografarci. A interrogarci sulle ragioni
che ci portano a vivere la morte come un corpo estraneo. Violento.
Traumatico. Un evento con cui non convivere e non riconciliarci. Di
sicuro vedere un corpo morto per la prima volta a vent'anni è
diverso da averlo sempre visto. Vedere un animale morire. Ucciderlo.
È diverso da trovarlo sezionato e confezionato. Incontrare
la morte quotidianamente oggi è un eccezione. Ma la regola
continua a volerci mortali.
Il modo in cui
viene affrontata e trattata la morte oggi è profondamente bruciante
e carico di contraddizioni. È una combustione lenta e sotterranea,
forse per questo più dolorosa e non cicatrizzabile. Ogni tanto
riesce a zampillare all'esterno prima di tornare a scorrere sotto
traccia. Coperta da una cenere che non è mai in grado di spegnerla.
Ma che si ostina a relegarla nell'alveo di un individualismo che nega
una sua elaborazione collettiva.
(Babilonia Teatri)
Babilonia Teatri è “esploso” come fenomeno nel
2007, quando il loro spettacolo “Made in Italy” vinse
il prestigioso Premio Scenario. La compagnia di Verona, che si riferisce
a un teatro sperimentale e anticonvenzionale, è composta da
Enrico Castellani, Valeria Raimondi e Ilaria Dalle Donne. Gli altri
spettacoli, tutti caratterizzati da un originalissimo linguaggio drammaturgico
e scenico, impostato su una sorta di litania rap e pop, che prende
ispirazione dal parlato quotidiano, sono: Underwork, Pop star, Pornobboy
e The best of.