In questo progetto, come rientra August
Strindberg?
Studiando Bergman, ho scoperto che per i suoi lavori faceva
riferimento proprio all’autore svedese. Quindi ho pensato
che “La più forte” fosse il testo migliore
per omaggiare il regista di “Persona”. La vicenda
è ambientata ai giorni d’oggi, ma senza tralasciare
il bianco e nero ricco di suggestioni proprio dello stile
di Bergman.
Sulla
scena le protagoniste interagiscono con qualcosa?
Io e Giulia Mombelli (rispettivamente la donna Y e la donna
X) siamo sedute su due panchine identiche, dotate di rotelle.
In questo modo possiamo spostarci, creando un mondo onirico
e nel contempo coinvolgere lo spettatore nel dialogo fatto
anche di silenzi e sguardi. C’è anche un tavolino
e un oggetto che apparirà in un determinato momento
dello spettacolo, per palesare l’odio che intercorre
tra le due donne. Siamo due individui diametralmente opposti
per vita e scelte: una è sposata con figli, mentre
l’altra è nubile e dedita alla carriera. Eppure
alla fine ci ritroveremo unite…
È
prevista anche la proiezione di un cortometraggio?
Lo schermo propone un insieme di immagini che rappresentano
l’inconscio dei personaggi. Mentre sul palcoscenico
si svolge l’evento teatrale, la parte psicologica della
vicenda si palesa alle spalle delle attrici. I due momenti
si alternano, legando tra loro scena e schermo.
I temi
fondanti della poetica di Bergman sono l’incomunicabilità
e il silenzio. Sono anche le basi dello spettacolo?
Certamente, senza dimenticare gli spettri e i fantasmi. Ho
cercato di riportare sul palco il suo mondo, fatto di realtà
e finzione, trasformando i personaggi stessi in anime. Un
aiuto notevole è venuto dalla magia che crea il teatro
d’ombra. Le figure diventano fantasmi. Sono dei veri
e propri primi piani cinematografici, ma vivi, in carne e
ossa. I due visi pian piano si intrecciano, diventando uno.
Quali
reazioni si aspetta dal pubblico?
Mi auguro che sin dalla locandina, si interessino all’arte
di Bergman. Con lo spettacolo desidero rendergli omaggio,
ricordarlo. E prendendo come spunto narrativo lo scontro tra
due donne, rendo omaggio anche questa figura, da sempre in
primo piano nel mondo del cineasta svedese. Senza dimenticare
il silenzio: è una tematica propria dell’autore
di “Scene da un matrimonio”. Ormai c’è
troppo chiasso intorno a noi: si parla troppo e si dice ben
poco. Ha avuto ragione Roberto Benigni, quando ai Cesar ha
chiesto un minuto di silenzio in ricordo di Ingmar Bergman
e di Michelangelo Antonioni. Facciamo parlare il silenzio.