Cyrano de Bergerac: il popolarmente alto

Si scrive Cyrano ma si pronuncia Cirano, all’italiana. È il capolavoro di Edmond Rostand a inaugurare il cartellone 2009/2010 del Teatro Argentina di Roma: debutta in prima nazionale il 7 ottobre e rimane in cartellone per 5 settimane prima di partire per una lunga tournèe che toccherà città come Genova, Bergamo, Trieste, Bologna, Padova, Venezia, Cesena, Udine, Pisa e Pesaro. Fino a marzo inoltrato.
Uno spettacolo di 2 ore e 10 minuti (intervallo compreso, come ha sottolineato il protagonista Massimo Popolizio in conferenza stampa), che ha comportato un grosso lavoro di riduzione ed adattamento del testo originale per declinarlo meglio ai gusti contemporanei. Un adattamento - come spiegato dal regista Daniele Abbado – con considerevoli tagli “ai diversi mondi che costellano le vicende di Cirano. Abbiamo eliminato le parti in cui ci sembrava che il testo si parlasse addosso, per dare maggior concretezza ai rapporti tra i personaggi”. In un periodo di grosse difficoltà economiche per la cultura in Italia e di tagli ai fondi per lo spettacolo, questa messa in scena rappresenta un importante sforzo produttivo ed artistico con 16 attori impegnati ad interpretare almeno 40 personaggi in scena.
Ma perché nel 2009 riproporre a teatro il Cirano? Risponde il protagonista Massimo Popolizio: “ È un testo dove si parla e si scrive d’amore, dove la parola viene usata per sedurre e ottenere qualcosa. Un amore a tre dove Cirano ama ma è incapace di dimostrarlo se non attraverso un altro corpo sul quale, come un doppiatore, sincronizza la sua voce. Il mio Cirano è un personaggio che ha perso il tono picaresco, operistico dell’originale per assurgere ad una dimensione quasi dickensiana”. “Un acrobata – chiosa il regista Abbado - non della spada e del pennacchio, ma del pensiero e della parola. Per quella che vuole essere nelle nostre intenzioni, una commedia di pensiero, una commedia morale”.
Un allestimento che punta sulla leggerezza, che dalle scenografie e costumi si riversa sul testo medesimo, dove la recitazione in versi comporterà un notevole sforzo recitativo per gli attori tutti, allontanandosi dallo psicologismo interpretativo così diffuso sui nostri palcoscenici, come sottolineato dal sorriso malizioso di Popolizio.
Per questa stagione il teatro di Roma ha ideato una serie di attività culturali, percorsi didattici che correranno parallelamente agli spettacoli in cartellone per favorire la creazione di un circuito di coinvolgimento e di prossimità concreta tra lo spettacolo e lo spettatore. In occasione del Cyrano de Bergerac il “duello” sarà il filo rosso che legherà gli eventi collaterali a partire da A coup de nez: duello tra due Cyrano, tra la pagina e il fioretto (15-29 ottobre), una performance di equilibrismo lessicale alternata tra azzardi metrici e giochi linguistici. Uno spettacolo-evento curato da Claudio Longhi per una serie di combattimenti alla spada, alla sciabola, al fioretto eseguiti dagli allievi del corso di scherma dell’Accademia d’Arte Drammatica “Silvio D’Amico”. Duello che dall’azione si trasferirà alla parola con Libera nos rima: verso libero o verso schiavo? (22 ottobre) in uno scontro tra verso rimato e verso libero realizzato dai poeti Valerio Magrelli e Alberto Bertoni fino a In treno in tre no! (14 ottobre), conferenza-spettacolo nel corso della quale Giuseppe Manfridi proporrà una traversata nei meandri del linguaggio e della parola alla scoperta delle ambiguità, delle alchimie, della potenza evocatica.
Non resta dunque… che si alzi il sipario! [fabio melandri]

 

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