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Anno
2010
Nazione
Francia
Genere
drammatico
Durata
-82'
Uscita
08/10/11
distribuzione
TEODORA FILM |
Regia |
Celine
Sciamma |
Sceneggiatura |
Celine
Sciamma |
Fotografia |
Crystel
Fournier |
Montaggio |
Julien
Lacheray |
Scenografia |
Thomas
Grezaud |
Costumi |
- |
Musica |
Para One |
Produzione |
Hold
Up Films |
Interpreti |
Zoé
Héran, Malonn Lévana, Jeanne Disson, Sophie
Cattani, Mathieu Demy, Ryan Boubekri, Yohan Véro,
Noah Véro, Cheyenne Lainé |
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Il
pubblico, nella vasta gamma di critici il più determinante,
è attratto dai richiami e dalle immagini; più
ricorrono e più è persuaso da un film. Lo riconosce
dalle prime note musicali, dal nome di un attore del quale ricorderà
immediatamente il volto e andrà al cinema solo quando
sarà stato bombardato abbastanza da tutti questi input.
O almeno la maggior parte del pubblico farà così.
Per questo Tomboy
è un film predestinato a restare un art house, è
un film di una piccola distribuzione che si risparmierà
l’invadente pubblicità che siamo abituati a vedere
per strada, perché i protagonisti sono pressoché
sconosciuti, perché il tema è affrontato con tanta
leggerezza e maestria che non basta per fare clamore, perché
non ci sarà un’icona del cinema a farci ridere
o piangere interpretando un gay, perché non ci saranno
elementi appetibili come il sesso o la violenza per descrivere
un incontro tra l’omosessualità ed il conformismo
e nemmeno immagini reali dall’ultimo Europride. L’unico
effetto speciale sarà un bacio sulle labbra tra due coetanee
ancora bambine.
All’insaputa del pubblico quindi, Tomboy
è un bel film, semplice ed intenso.
Laure 10 anni, si trasferisce con i genitori e la sorellina
di 6 anni nella nuova casa, è tempo di vacanza e ci vorrà
ancora un po’ prima che il suo nome compaia nella lista
delle nuove sezioni scolastiche.
Vicino al piccolo quartiere, c’è un bosco dove
i bambini si incontrano e giocano a pallone, a ruba bandiera,
fanno il bagno nel lago e tra risatine di vergogna e spregiudicatezza,
sentimenti coinquilini di quella età, confessano i primi
gusti e le prime debolezze di ognuno, durante un gioco simile
a “dire fare baciare”.
Laure si finge maschio. Dopo aver dato prova di se confrontandosi
a pallone ed anche facendo a botte con i compagni di gioco,
Laure sarà accettata dal gruppo con il nome di Mickael.
Si farà distinguere per coraggio e forza, gioca a torso
nudo, sputa in terra, e raccoglie, senza parlare, le tenerezze
della sua nuova amica.
La regista affronta il tema dell’omosessualità
quando questa si affaccia candidamente nella vita di una bambina.
Una scoperta naturale che ha già però l’errore
tacito in se.
Così Laure ricorre al pongo e mentre la sorellina ne
fa tante striscioline che ricordano la carne macinata, lei costruisce
un pene da utilizzare come falso, per l’appuntamento al
lago con gli amici. Nella speranza che questo regga e con non
poca apprensione dello spettatore, Mickael/Laure è felice,
gioca e si tuffa quasi dimenticandosene. Prima che la situazione
si complichi saremo coinvolti dalla complicità della
bambina/ragazzo con sua sorella, sorprendendoci o ricordandoci,
quanto l’età dell’innocenza sia in realtà
un mondo profondo e denso.
L’energia autentica dei ragazzi, un ciclone di emozioni
giovanili interminabili che riaffiorano nell’adulto spettatore,
così suggestive ed intime da non dover essere certamente
sponsorizzate, per questo Tomboy
lascia la scelta a noi, se sceglierlo o no. [silvia
langiano] |