“Sangue
è il film della vita, è il primo grande amore,
quello eterno, quello che sconvolge e rimane. Questo è
ciò che è e ciò che racconta”.
Libero De Rienzo, regista di Sangue
– La morte non esiste, così introduce
la sua opera prima, presentata al 58mo Festival di Locarno,
la storia del rapporto, esclusivo e incestuoso, tra due fratelli,
Iuri e Stella. De Rienzo non solo dirige ma scrive la sceneggiatura
e si occupa del montaggio. L’attore feticcio del regista
Marco Ponti (Santa Maradona nel
2001, A/R Andata + Ritorno nel
2004) si cimenta con un film ambizioso e impetuoso, girato
in quattro settimane in una fabbrica di Torino, con un budget
ridotto (attori e tecnici si sono accontentati di paghe da
minimo sindacale e una compartecipazione).
“E’ la carne del mio pensiero. Tutte le sue
ingenuità sono le mie, e i suoi difetti i miei. Dalla
macchina da presa al montaggio è tutta colpa mia, e
dei libri che ho letto, dei quadri che amo, degli uomini che
hanno lavorato affianco a me, coautori tutti del film”,
spiega il regista.
Il film è diviso in tre capitoli. Il primo è
affidato alla voce narrante di Stella, che ci introduce alla
vicenda. Stella (Emanuela Barilozzi) è una ragazza
decisa e indipendente, “sconvolgente e definitiva”,
come la definisce sempre Yuri. Sembra sia lei a dominare nel
rapporto col fratello, anche se ne è, allo stesso tempo,
soggiogata. Le sue parole ci offrono un ritratto del fratello,
delle dure prove che hanno dovuto affrontare insieme, dei
problemi con il padre, ma soprattutto della loro perfetta
sinergia, che rasenta la simbiosi. La sua testimonianza rende
però, allo stesso tempo, evidente come questo legame
sia soffocante per lei, soprattutto perché Yuri le
dipende in tutto e ha in lei il suo unico contatto con la
realtà. Una via d’uscita, però, si offre
a Stella, l’ammissione alla New York Academy Ballet,
la fuga da tutto. Il problema maggiore è adesso spiegarlo
a Yuri.
Il secondo capitolo, narrato in tempo reale, con movimenti
veloci di camera a mano, ci presenta Yuri (Elio Germano),
la sua ossessione per la sorella, il suo rifiuto della vita
che lo porta a rifugiarsi in un’esistenza artistoide
e disordinata, la sua paura di vivere se non dietro l’ombra
di un amore impossibile. La scoperta, durante un rave, dell’abbandono
da parte di Stella lo costringerà a fare i conti con
le sue paure.
La terza parte, definita da De Rienzo, “politica”,
apre nuove e inaspettate strade per i due fratelli che, travolti
da un terzo personaggio, Bruno, finiranno per essere inseguiti
dalla polizia e trovare inaspettato rifugio in una chiesa.
L’epilogo tragicomico, l’esplosione della rabbia
di Yuri durante un appassionato sermone finale, segnerà
anche la sua presa di consapevolezza, il suo approdo alla
maturità, il coraggio di affrontare le sue paure, fino
ad accettarne le conseguenze estreme.
Ogni capitolo è contraddistinto, oltre che da un diverso
tempo narrativo, da un diverso stile registico. Il risultato
finale è un calderone di stili, oltre che di spunti
e tematiche, accennate mai approfondite, che degenera in caos.
Troppo preso dall’inserire voci fuori campo, flashback,
citazioni, troppo concentrato in (pretestuose) dimostrazioni
filosofiche, De Rienzo perde di vista il filo della narrazione,
il difficile rapporto tra i due fratelli, ben retto comunque
dalla recitazione degli attori, soprattutto dalla prova di
Elio Germano (protagonista di Liberi
di Tavarelli, visto di recente anche in Quo
vadis, baby?). Da segnalare la colonna sonora, realizzata
da Giardini di Mirò, Godspeed You! Black Emperor e
Torpedo.
[luisa giannitrapani]
| intervista
a emanuela barilozzi |