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Anno
2011
Nazione
Francia
Genere
drammatico
Durata
127'
Uscita
03/02/2012
distribuzione
Lucky Red |
Regia |
Maïwenn |
Sceneggiatura |
Maïwenn,
Emmanuelle Bercot |
Fotografia |
Pierre
Aïm |
Montaggio |
Laure Gardette,
Yann Dedet |
Scenografia |
Nicolas
de Boiscuille |
Costumi |
Marité Coutard |
Musica |
Stephen Warbeck |
Produzione |
Les
Productions du Trésor, Arte France Cinéma,
Mars Films
Chaocorp Shortcom |
Interpreti |
Karin
Viard, Joey Starr, Marina Foïs, Nicolas Duvauchelle,
Maïwenn Le Besco, Karole Rocher, Emmanuelle Bercot,
Frédéric Pierrot, Arnaud Henriet, Naidra
Ayadi, Riccardo Scamarcio, Sandrine Kiberlain |
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Ci sono
pellicole che rimangono nella memoria di uno spettatore per
la potenza delle immagini, altri per i temi trattati, altri
ancora per l'interpretazione degli attori. Polisse
lo è per tutti e tre questi elementi.
Partiamo dal tema, delicatissimo: la vita di un gruppo di
poliziotti francesi della Sezione Protezione Minori. Il racconto
dell'abuso fisico e psicologico su minori è un tema
che se non trattato con le giuste precauzioni potrebbe causare
morbosità e polemiche infinite, sopratutto in un paese
un po' bigotto e pubblicamente moralista come il nostro.
La regista, anche protagonista Maïwenn ha preso lo spunto
da un documentario passato in televisione: “Per essere
sicura di voler davvero scrivere una sceneggiatura sulla Sezione,
sentivo di dover conoscere la vita degli agenti. Volevo trascorrere
del tempo con loro, ascoltarli e osservarli nella loro vita
di tutti i giorni. Questo ha richiesto un lavoro lungo e faticoso.
Quando finalmente mi è stato permesso di svolgere questa
specie di “internship”, non ho fatto che passare
da un gruppo all’altro. Prendevo appunti, ero come una
spugna che assorbe tutte le informazioni possibili. Perfino
durante le tre ore della pausa pranzo, o dopo il lavoro, quando
andavano a bere qualcosa insieme, io mi accodavo in modo da
non perdermi nessuna delle loro discussioni e per fare loro
migliaia di domande.”
Spunto, il documentario, che si riverbera nello stile scelto
dalla regista per fotografare le diverse storie che mette
in scena: La cosa più importante per me è fare
in modo che la macchina da presa sia più discreta possibile.
E’ lei a dover seguire gli attori e non il contrario.
Volevo che gli attori se ne dimenticassero completamente.
Ma non uso nessuna tecnica particolareper raggiungere questo
obiettivo. Mi adatto a ciascun attore, a ciascuna situazione,
e faccio in modo che le sfide che possono nascere dai movimenti
di macchina appaiano sullo schermo il meno possibile. Abbiamo
usato prevalentemente due macchine da presa digitali, qualche
volta tre, perché i set erano abbastanza ristretti.”
Infine la recitazione degli attori: Ho scelto innanzi tutto
attori che fossero credibili nella parte dei poliziotti. Per
me tutti loro dovevano avere un tratto comune: dovevano avere
l’aspetto di proletari che parlano in gergo parigino.
Hanno partecipato tutti ad un workshop, ma non all’interno
della Sezione perché il sovrintendente mi ha detto
che non sarebbe stato possibile.
Così ho assunto due poliziotti ex-agenti della Sezione
Protezione Minori e il cast ha studiato con loro per una settimana,
lavorando otto ore al giorno. Ogni giorno hanno dovuto guardare
documentari sull’incesto e su ogni genere di cose della
polizia: traffico di droga, microcriminalità e criminalità
organizzata… La mia intenzione era quella di nutrire
il loro inconscio di queste cose. Un po’ alla volta
il solo fatto di essere immersi in quell’atmosfera li
ha portati ad imitare l’umorismo e il gergo dei poliziotti.
Rendere credibile il fatto che un gruppo lavori da molto tempo
insieme, non è un compito facile. Il workshop aveva
anche questo obiettivo.”
Il risultato è un film potente, capace di alternare
scene drammatiche con punte di umorismo, anche feroce ma mai
fuori luogo; capace di creare una forte simbiosi tra personaggi
e spettatori a cui ci si affeziona, si partecipa ai loro piccoli
drammi, alle loro brevi gioie, ai rancori ed agli amori che
bruciano e colorano vite degne di essere vissute. Ed un finale
che lascia attoniti e senza fiato, sospeso ed apparentemente
inspiegabile che apre a scenari forse troppo grandi per essere
sciolti in "soli" 127 minuti.
[fabio melandri]
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