Luci e
ombre per il nuovo film di Carlo Verdone. Padre Carlo Mascolo
(Verdone) è un prete missionario in Africa che si trova
nel bel mezzo di una crisi spirituale. La Diocesi gli consiglia
di passare un po’ di tempo a riflettere e riposarsi
tra le amorevoli cure della propria famiglia.
Peccato che la famiglia si dimostra tutt’altro che amorevole
nei suoi confronti. L’anziano padre (un sergio Fiorentini
con un irresistibile parrucchino alla Lucio Dalla) si è
appena risposato con la prosperosa badante ucraina che tra
auto veloci e lezioni di danza sembra mirare al patrimonio
della famiglia Mascolo. Il matrimonio vede la forte opposizione
della sorella Bea (Anna Bonaiuto), psichiatra messa peggio
dei suoi stessi pazienti e del fratello Luigi (Marco Giallini)
broker con un debole per la polverina bianca. Carlo stretto
tra liti famigliari, pedinamenti, lotta per la difesa del
patrimonio, vede la sua crisi spirituale peggiorare giorno
dopo giorno fino a quando l’incontro con Lara (una Laura
Chiatti bella e brava, ma soprattutto bella…) cambierà
per sempre la vita sua e dei componenti della famiglia Mascolo.
Io, loro e Lara, dedicata alla memoria del padre Mario, è
un film che segna una svolta nella cinematografia di Verdone,
una svolta verso l’età adulta, o almeno il tentativo
di svolta. Sì, perché di tentativo si tratta.
In tutta la prima parte, Verdone cerca di costruire personaggi,
costruendo psicologie che potessero dar loro spessore, creando
un palcoscenico che non oscurasse risvolti sociali dell’Italia
di oggi, con le sue pubbliche virtù ed i suoi molti
vizi privati. Una prima parte in cui il Verdone Attore non
riesce a ritrovarsi, navigando a vista sul tono da darsi,
ferocemente fuori parte. Il registro cambia completamente
nella seconda parte del film, quando il ritmo accelera e Verdone
si rifugia nei suoi soliti tic, nelle sue consuete macchiette
e gag strappa risate, ben sostenuto sia da Anna Bonaiuto che
soprattutto da Marco Giallini.
Una pellicola con luci ed ombre dicevamo in apertura, con
le seconde a prendere il sopravvento.
[fabio melandri]