L’Italia è uno dei Paesi più malmessi del sistema occidentale nella classifica della libertà di stampa. Tralasciamo la questione politica, non è questa la sede adatta, e concentriamoci su ciò di cui si tratta ne ilgrido.org: il mondo dello spettacolo. Bene anche nella nostra piccola angusta inutile riserva indiana, il peso del controllo, l’intimidazione, l’ombra della censura è sempre più presente. Tutto è legato al potere sempre più strisciante che hanno gli uffici stampa. Sono loro che dettano l’agenda di un giornale, distribuiscono accrediti, favori, ammiccamenti, gadget e chissà che altro per far sì che si parli bene di un determinato spettacolo. Più conti (hai più lettori), più lo scambio sarà favorevole. Avete presente le case farmaceutiche, che in fantastiche location invitano i medici a cui fanno trovare in camera in omaggio l’ultimo tablet per presentare i loro prodotti, affinché vengano poi consigliati ai pazienti? Beh il meccanismo è lo stesso.
Per non rimanere nell’indistinto, facciamo un esempio chiaro, lampante che ci è capitato direttamente nelle ultime settimane di dicembre 2016. Il Nostro caporedattore fondatore di questa ormai decennale rivista on line, si reca al teatro Sistina a vedere il musical Evita, attraverso l’accredito del gentile Ufficio Stampa del teatro. Il giorno dopo scrive in piena libertà una recensione (bella brutta buona cattiva non è questo l’importante), in cui si evidenziano nonostante la piacevolezza dello spettacolo, due stonature. La prima, quella che avendo tradotto in italiano il testo di “Don’t cry for me Argentina”, la resa scenica di tale brano perdeva in smalto e immediatezza; la seconda che la cantante Malika Ayane forse perché troppo ancorata al suo timbro vocale, non riusciva a rendere il personaggio di Evita pienamente convincente.
APRITI CIELO! Il gentile ufficio stampa con una telefonata perentoria comunicava il proprio risentimento per la recensione e la ferma volontà di non fornire più accrediti per l’estensore che a quanto gli risultava nemmeno era giornalista iscritto all’Ordine. In pratica io ti do l’accredito, tu mi garantisci una recensione favorevole. Come lo possiamo chiamare questo atteggiamento? Arbitrio? Arroganza? Mafia strisciante? Sia ben chiaro noi de ilgrido.org possiamo benissimo andare al cinema o al teatro senza l’accredito, siamo una testata no profit (leggi non si guadagna una lira), sospinta dalla passione senza ritorno. Quel ritorno che l‘ufficio stampa pretende in misura proporzionale, secondo l‘importanza della testata.
E poi, tutto si collega: richiamarsi all’Ordine dei giornalisti come discrimine tra chi può scrivere e chi no è l’ultimo tassello di una visione non più in linea coi tempi oltre a essere reazionaria. In nessun paese civile, eccezion fatta per l’Italia, esiste un Ordine dei giornalisti: è solo una casta, cascame delle corporazioni professionali sorte in Italia durante il fascismo per non avere la stampa contro, proprio come pretenderebbe l’ufficio stampa del Sistina. Scrive chi sa, non chi ha, o si compra, una tessera.
In conclusione un appello. Malika, liberati da questa gabbia (gli uffici stampa), affronta la critica come fanno i grandi artisti, confrontati se lo meritano, disprezzale se sono strumentali, impara se sono argute, ignorale se sono banali. E continua a cantare.
Non facciamo di ogni erba un fascio. Quello è un atteggiamento conosciuto e reiterato in pratica solo di quell’ufficio stampa, evidentemente guidato dal suo regista-direttore…