Giugno, il mese del terrore è tornato. Anche il genitore più sensibile, comprensivo, giusto, affettuoso e carismatico sa che l’incubo si materializzerà ancora una volta. Sta iniziando il mese dei saggi. Danza, canto, musica, teatro, c’è n’è per tutti i gusti. E il copione è sempre lo stesso: spettacoli informi il cui denominatore comune sono casino, noia, inutilità e soldi spesi male.
Ma, e sembrerà incredibile, esistono le eccezioni.
Una di queste è lo spettacolo allestito per il saggio di fine anno del corso di recitazione del liceo Mamiani andato in scena al teatro dell’Angelo di Roma. Niente insopportabili piccoli principi, o disgustosi mondi di gnomi e fiabe, nessuna trombonesca pasolinata o improbabibile versione in musica di sciatterie televisive. Si tratta di “Non te li puoi portare appresso” di G. S. Kaufman che tutti ricorderanno nella versione cinematografica del 1938 di Frank Capra “L’eterna illusione”.
Il risultato è sorpredente. Innanzitutto scorre, si segue l’intero spettacolo e non solo il proprio figlio come accade di solito. È divertente, ben fatto, ci sono le entrate e le uscite giuste, c’è ritmo, è scoppiettante e nonostante qualche eccesso caricaturale, gli attori in erba sono nella parte, non recitano cioè per se stessi, rendendo l’insieme compatto, scorrevole, ben definito. Il regista Sean Patrick Lovett, oltre al merito di essere riuscito a dirigere (forse a domare), un branco di studenti in piena fase ormonale, ha dato un’impronta personale e amarognola allo spettacolo, con le digressioni radiofoniche che ne scandiscono i passaggi temporali e col finale addirittura ambiguo, in cui la felicità ritrovata si mescola con l’annuncio della Seconda guerra mondiale.
Nessun commento