Si fa un gran parlare di pari opportunità, di quote rosa, di stipendi diversi. Spesso il dibattito appare strumentale se non capzioso, degno del vuoto di un talk show televisivo. Di recente ho avuto la fortuna di intervistare per l’associazione FareCultura ai margini del convegno “Donne di calcio” dedicato al calcio femminile, due tra le più grandi atlete italiane di tutti i tempi: Josefa Idem nella canoa e Manuela di Centa nello sci nordico. Entrambe ora hanno un incarico in Figc (Federazione Giuoco Calcio) a contatto con le giovani calciatrici per cui si spendono con tutte se stesse: Josefa per essere all’altezza addirittura ha conseguito una laurea in
psicologia; Manuela è sempre presente con le ragazze le segue «fin dentro agli spogliatoi per infondere loro coraggio, orgoglio e fiducia».
Sono due donne preparate, intelligenti, che non urlano, non gridano, portatrici di valori che stanno nell’essenza stessa dei loro sport: dedizione, fatica, concentrazione, anima e cuore. Eppure sono relegate a ruoli marginali. Uomini con i loro palmares (40 medaglie tra cui un oro olimpico e quattro campionati del mondo la Idem, 16 medaglie tra cui 2 ori olimpici e due campionati del mondo la di Centa), sarebbero già sistemati a vita, con la loro intelligenza sarebbero già ai vertici di qualunque settore avessero scelto.
Ma loro sono donne e avendo provato la politica sono state fatte a pezzi (la Idem, per una banalissima questione di IMU non pagato (dal marito tra l’altro) è stata bruciata sul rogo, chiamata puttana da Borghezio della Lega e ladra dai 5 stelle (ricordando per inciso che ora la Lega ha un debito con lo stato di 49 milioni di euro e abbiamo un Vicepresidente del Consiglio che si fa intestare l’azienda del padre, in modo che l’azienda stessa non sia assoggettata a pignoramento per aver evaso 170,000 euro di tasse). E Manuela risucchiata dalla crisi del suo partito (PDL) è sempre in cerca di nuove avventure.
Bene, per farla breve due donne di tale valore (attenzione non valore in quanto donne, qui sta il punto, ma valore assoluto extra genere) in soldoni donne che sono meglio del 90% di chi occupa poltrone di prestigio, donne con un’esperienza che farebbero crescere qualunque settore, donne che conoscono le parole oggi di moda come motivazione, autodisciplina, rispetto degli altri, competizione, lealtà, autostima, volontà, strategia, che sono abituate a centrare gli obiettivi, non sono non dico Vice Ministro del Consiglio, o Presidente della Repubblica, ma nemmeno Presidente del Coni, funzionari o direttore di qualcosa, qualunque cosa (facciamo un piccolo esempio di nomine non sul curriculum ma ad casum: Melandri al Maxxi di Roma, Rutelli all’Anica) e soprattutto non guadagnano quanto il loro curriculum e il loro valore meriterebbe e quanto in analoghe condizioni altri guadagnerebbero.
Non è una questione di pari opportunità, non è una questione di quote rosa, è una questione di non riconoscere il valore o minimizzarlo per motivi altri, sovrastrutturali. E cioè per motivi razzisti e pregiudiziali, vale a dire non perché sono donne. Ma perché sono libere e senza padroni.
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