Nell’ultimo film di Woody Allen “Blue Jasmine” si avverte l’esigenza del regista di andare aldilà della storia che sta raccontando, di raggiungere l’essenza narrativa. Una verità di racconto, non la verità del racconto. Nessun orpello, effetti speciali, trucchi o giochi di prestigio. Un cinema puro, in grado di sostenere senza retorica e senza catarsi, la disillusione dell’amore e i suoi derivati.
Un esempio: il film è pieno di flashback in cui si alternano la vita della protagonista come era ieri e come è oggi. Bene, questi flashback non sono introdotti da dissolvenze incrociate, effetti, nebbia, bianco e nero, o altro. Le immagini si susseguono come se il tempo avesse un’unica dimensione. Probabilmente all’inizio lo spettatore rimane disorientato ma in breve entra all’interno della storia, anzi all’interno della psiche di Jasmine e vive insieme a lei, come in un flusso di coscienza, la sua scalata sociale, la sua disinvoltura morale, la sua fragilità, la sua perfidia, la sua rivincita e la sua definitiva sconfitta.
Film assurdo.
Lei non è una semplice arrivista, è una pazza completa incapace di gestirsi.
Non ha un singolo momento di lucidità o di dolcezza, nemmeno coi bambini.
Non ha nessun talento, nessun buon gusto neanche come arredatrice (il cannocchiale fuori posto); quando il marito la tradisce lo denuncia pur sapendo che i soldi li aveva solo lui e che sarebbe finita sul lastrico; un’arrivista sa perfettamente che con un divorzio si cerca di fare male a un uomo guadagnandoci, non suicidandosi con lui.
Con il ricco giovanotto mente recitando una parte del tutto infantile ovviamente insostenibile e anzi se proprio si vuole arrivare fino in fondo questo improbabilissimo fidanzato upper class spuntato dal nulla non è nemmeno detto che esista davvero…
Non è un exemplum di arrivista che si vende la propria umanità finendo per chiudersi definitivamente in sé stessa e a perdere l’anima, è la storia di una povera donna affetta da nevrosi patologiche molto gravi; non un caso umano ma un caso clinico sul quale per di più il regista si accanisce con una cattiveria fredda e distaccata che fa abbastanza impressione.