Un microfono in primo piano, stagliato sul nulla. Rumori di fondo appena percettibili.
Secondi interminabili di sospensione. Speranza, delusione, gloria, successo, sconfitta, baratro, amore. Tutto può ancora accadere, tutto è possibile: è la vita colta un attimo prima che si compia, quando la possibilità si sta fondendo col destino per determinare il futuro delle persone. Poi l’inquadratura si allarga e il cantante folk comincia a cantare la sua ballata sugli impiccati.
È l’inizio dell’ ultimo film dei fratelli Cohen: una lirica struggente sull’elogio della sconfitta. Il protagonista cerca la sua strada nel mondo musicale armato di una chitarra, di un gatto rosso, della sua determinazione e del suo talento. Non servirà. Alla fine del viaggio avrà fallito su tutti i fronti: come cantante, come marinaio (il suo vero lavoro) e come uomo. L’unico riscatto sarà quello di averci provato fino in fondo.
Magnifico, poetico, senza retorica e senza catarsi.
“A proposito di Davis” è un pugno nello stomaco sferrato con dolcezza.
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