La mattina del 20 marzo sono a Roma al Foro Italico per vedere la mostra sul pugilato “L’Arte della Boxe in 100 anni – Immagini Testimonianze, Emozioni”, organizzata dalla Federazione Pugilistica Italiana. Ero rimasto attratto dalle belle locandine, graficamente ricercate incentrate sui primi piani dei pugili che hanno fatto la storia del nostro Paese e dai diversi articoli e servizi apparsi nelle più importanti testate giornalistiche nazionali, con cui era stata lanciata l’iniziativa.
Il Foro Italico, magnifico e splendente, è quasi deserto, qualche persona che corre, un paio di famigliole. Non ricordandomi la palazzina dove è stata allestita la mostra cerco un cartello, un’indicazione, una semplice freccia, ma non trovo niente. Chiedo allora ad un usciere della palazzina centrale: «Aho! Oggi è domenica è tutto chiuso, nun te dovrei nemmeno risponne’. Comunque la sala delle armi sta dall’altra parte der foro, ndo’ sta l’aula bunker».
Essendo romano visualizzo, torno indietro e mano mano che mi avvicino il deserto aumenta. Non un cartello che indichi la mostra, non un segnale di vita. Mi avvicino all’entrata principale del palazzetto delle armi, ma è desolatamente chiuso. Un angelo mi indica l’entrata, dalla porta secondaria.
Effettivamente davanti alla porticina sul retro trovo un’indicazione piccola, scrausa come quelle delle festicciole per bambini, che mi conferma di essere arrivato. Entro, un desk inesistente mi accoglie nella persona di una ragazza in tuta che mi dice che l’ingresso è libero. Sul lato corto della sala ci sono le foto dei pugili, perpendicolare a esso una fila di pannelli storici, sul lato opposto un ring. E’ tutto molto squallido, raccogliticcio, modesto. Eppure rigirando tra il triste allestimento rimirando certe foto (i denti di Carnera, gli occhi tristi di Mitri, gli zigomi di Rosi) e leggendo alcuni pannelli, si capisce la potenzialità straordinaria che un simile materiale avrebbe potuto scaturire. Carnera e il fascismo, Tiberio Mitri e la dolce vita, il campione sordomuto, Mazzinghi e Benvenuti la potenza contro l’eleganza, Arcari e Oliva la determinazione e l’intelligenza, i fratelli Stecca la gloria che finisce cronaca nera, Jacopucci l’angelo che vola in cielo per inseguire un sogno.
Lo sport che si mescola con la vita, la vita che diventa cronaca, la cronaca che diventa politica, la politica che diventa storia, la storia che ritorna uomo. La boxe per raccontare in maniera avvincente l’essenza del nostro Paese, le sue lotte, le sue passioni, i suoi imbrogli, i suoi sogni, i suoi vizi e le sue virtù. C’è una foto di un incontro di Primo Carnera in una piazza di Siena stipata all’inverosimile, che vale più di un saggio di storia. Poteva essere un evento culturale fuori da dagli schemi, popolare, affascinante, da far viaggiare in Italia e nel mondo. E invece il nulla, nemmeno un ordine cronologico, nemmeno uno straccio di supporto video (incredibile!) solo quattro pannelli che a stento stanno in piedi.
Dove sei Malagò che permetti un simile scempio?
Dove siete grandi media nazionali, ormai trasformati in enormi ufficio stampa?
Franceschini dormi?
Lo sport è cultura, è l’anima popolare di questo Paese, è la sua memoria. La mostra realizzata senza amore è durata 5 (cinque) giorni. Nessuno l’ha vista e forse è stato meglio così.
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