Il 28 aprile il Bif&st di Bari presenta in anteprima mondiale il restauro di “Ultimo tango a Parigi”, girato da Bernardo Bertolucci nel 1972. Sono passati quasi 50 anni da quando uscii nelle sale, suscitando enorme scalpore. Un grande regista viene intervistato su un quotidiano per presentare l’operazione. Ci si aspetta che parli dell’opera, della sua bellezza, della sua ambiguità, del motivo per il quale scosse cosi profondamente l’immaginario collettivo dell’epoca, delle novità del linguaggio; oppure qualche curiosità sugli attori, sulle location, sui giorni di ripresa, sul cappotto di Brando, sulla forza del monologo contro la moglie morta suicida, sulla censura (bruciarono in Italia tutte le copie tranne una).
E invece no. Il regista parla di sé, di come lui stesse girando nello stesso periodo film altrettanto provocatori ma da un altro punto di vista, che sì, anche lui era conosciuto nell’ambiente ma certo non come Bertolucci e che quando vide il film pur rimanendo in qualche modo scioccato (positivamente confesserà a denti stretti alla fine dell’intervista), non poté non provare un sentimento di invidia anche perché il regista parmense (lui piacentino) aveva lavorato con Marlon Brando il suo idolo di gioventù. E che l’invidia lo aveva in qualche modo condizionato nel giudizio per cui il film, pur riconoscendone l’impatto, non era esente da certi difetti, che anzi questi difetti ci sono ancora adesso…
Insomma alla fine dell’intervista al grande regista italiano abbiamo capito che il sentimento di invidia è naturale e fa parte dell’evoluzione psicologica di una persona e che lui, questo sentimento, l’ha superato (in parte) prendendo un’altra strada (non minore, altra) rispetto a Bertolucci.
Se poi su vuole sapere qualcosa su “Ultimo tango a Parigi” meglio andare su Wikipedia.
Ecco il video con l’intervista al grande regista: http://www.lastampa.it/2018/04/23/spettacoli/bellocchio-commenta-ultimo-tanto-a-parigi-u7mfdfkdjfxdgllWvALcyO/pagina.html
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